Bonefro, l’inaugurazione della mostra permanente di Tony Vaccaro vista da Pasquale Licursi

Il ministro Franceschini a Bonefro per l’inaugurazione della mostra permanente dedicata a Tony Vaccaro

PASQUALE LICURSI

Per arrivare a Palazzo Miozzi a vedere l’inaugurazione della mostra permanente di Tony Vaccaro c’era tutto un percorso da seguire. Basterebbe andarci il giorno dopo e si arriverebbe facile facile. Ma vogliono tutti essere lì il giorno ufficiale della presentazione. E non proprio per le foto o per l’artista che non c’è. E c’ero anch’io.

Aspettavamo il Ministro che doveva inaugurare. Il Ministro che deve pensare a Pompei, tra l’altro. Ma sembra abbia casa a Bonefro e un pomeriggio lo può impegnare. Poi macchine blu, e tutto il resto. Nel piazzale arrivano tutti i politici regionali che contano (contano nel senso che possono servire prima o poi) e il popolo cerca di avvicinarli, di stringergli la mano.

Non ho mai capito bene cosa c’entri l’arte con la politica ma forse sono io che mi perdo qualche passaggio. Nel senso che l’arte senza politica non abbia motivo di esistere. Almeno per un certo tipo di arte. Poi ci sono artisti che denunciano, che prospettano nuovi mondi, lontani e inarrivabili ma poi attraverso il mondo che negano cercano di sopravvivere.

All’ingresso del Palazzo due miss per il taglio del nastro e dentro una luce bluette che sembra più l’ingresso di una discoteca che di un museo (va bè). C’è il rinfresco e un violinista che suona (suona un violino, chiaramente). Ma non se lo fila quasi nessuno. Ci sono persone che fanno le foto e quando passa il Ministro chiedono un selfie per poi pubblicarlo sul profilo. È una bella giornata di sole e di festa per tutti. Finestre aperte sul bellissimo panorama di Bonefro (colline e alberi) che non sembra interessarsi molto. C’è molto rumore. Disturba un po’ l’altro museo a fianco nel Convento. Quello etnografico di Michele Colabella. Deserto. Per questa storica giornata estetiste e parrucchieri hanno lavorato fino a tardi, straordinari e panini consumati in fretta. Ma ora sono tutti bellissimi. C’è chi è arrivato a Pescara per essere impeccabile nel vestito. Davvero un bel quadro impressionista.

Sarà strano ma io l’arte l’ho sempre associata ad un concetto di solitudine, di lontananza, di silenzio, che tutto questo mercato mi sembra un po’ folkloristico. Poi non capisco cosa vuol dire una inaugurazione così con il concetto di rilancio dell’economia, di rinascita e altro. Non so, mi sembra comico un po’ il discorso. A un certo punto sembrava quasi che le foto del Maestro sparissero d’incanto e tutto il resto diventava prevalente.

Contava di più l’insignificante che tutto il resto. E mentre tutto questo accadeva mi chiedevo quante persone conoscono davvero l’arte della fotografia, le foto di Vaccaro, il suo percorso. La sua vita. Pensavo che anche l’arte non è altro che un modo di sopravvivere, e se conosci il politico di turno che ti sostiene e ti fa esporre vivi (nel senso che paghi le bollette, l’affitto, la spesa) altrimenti niente.

Pensavo – anche se in quel contesto c’entrava poco – che sono tutte chiacchiere quelle di alcuni che dicono di essere artisti quando sono mendicanti, accattoni che cercano un po’ di elemosina per respirare. E i concetti, le idee, hanno poco a che fare con quello che poi devono fare per vivacchiare. A un certo punto ti sembra di capire che l’arte per sostenersi deve soccombere al suo contrario. Proprio così. E se conosci il Presidente vai, altrimenti non esisti. Ma conoscere il Presidente nel senso di politico di turno che manco conosce la tua arte. Ma ti aiuta e ti sovvenziona. Tutto qua. Mentre si inaugurava questa mostra capivo che era tutto uno spettacolo un po’ osceno e la poesia delle foto scoloriva piano piano. Capivo che tutta quella gente mi diceva esattamente questo. Cioè capivo che il mio modo di intendere l’arte andava esattamente all’opposto. L’arte, nel suo esporsi, è zero al confronto del come si fa strada, nella sua immoralità.

Risalendo la strada donne in nero erano sedute sui gradini delle case o affacciate alla finestra. Quasi incuranti, indifferenti a tutto. Quelle donne che sono materia viva delle foto di Vaccaro. Anche a loro tutto quel rumore dava un po’ fastidio e non vedevano l’ora che tutto finisse per tornare al silenzio naturale. Per tornare a quel silenzio che tanto ama il maestro e senza del quale nessuna foto sarebbe stata scattata, né nessuna poesia sarebbe stata scritta.

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