Francesco Viviano: ‘Il killer mancato’ che racconta cos’è la mafia agli studenti del capoluogo

Francesco Viviano tra gli studenti del capoluogo

La storia di un ragazzo cresciuto a Palermo, tra i mafiosi e diventato invece uno dei più importanti giornalisti italiani. Una storia vera quella dell’inviato di Repubblica Francesco Viviano, raccontata nel libro “Io, killer mancato”, che gli studenti delle scuole superiori di Campobasso, ieri mattina venerdì 6 febbraio, hanno ascoltato con attenzione ed entusiasmo, senza perdere l’occasione di strappare un autografo a uno dei giornalisti più famosi d’Italia che la mafia ha scelto di viverla dall’altra parte della barricata, denunciandone i soprusi e le violenze.

A portare, ancora una volta nel capoluogo, uno dei grandi nomi dell’attuale panorama giornalistico italiano, l’Unione Lettori Italiani, nell’ambito dell’iniziativa di ‘Ti racconto un libro – Lezioni d’autore’. Viviano che, nel pomeriggio di ieri ha tenuto anche un Laboratorio di lettura nel Carcere di Campobasso, ha risposto alla numerose domande dei ragazzi che si sono voluti addentrare nella sua vita professionale e personale. Una storia legata a doppio filo alla scelta di onestà in una terra in cui non è facile vivere nella legalità. Una scelta dettata come ha spiegato l’autore “dalla coincidenza e dalla fortuna, ma soprattutto da mia madre che mi è stata da esempio con il suo comportamento”. Cresciuto nel quartiere Albergheria di Palermo, tra i mafiosi, la storia di Viviano è la storia di un ragazzo che ce l’ha fatta. Che non si è arreso ai soldi facili, che non ha ceduto alla vendetta, nemmeno per la morte di suo padre. Un giovane che non ha voluto fare come i suoi amici e diventare il braccio destro dei boss della Piana dei Colli. Cameriere, marmista, pellicciaio, muratore, commesso. Poi la svolta, fattorino e telescriventista per l’Ansa, quindi giornalista. Prima all’Ansa, poi a la Repubblica. È qui che Francesco Viviano tira fuori tutto quello che ha imparato tra i vicoli di Palermo, perché lui sa come muoversi e dove trovare le notizie, sa con chi deve parlare e come farlo.

Nell’auditorium dell’Ex Gil, attraverso il suo sguardo, gli studenti hanno vissuto, così come i numerosi lettori del testo, gli anni folli delle guerre di mafia, il maxiprocesso nell’aula bunker dell’Ucciardone, gli omicidi Falcone e Borsellino, le grandi confessioni dei pentiti, l’arresto di Brusca, la caccia al papello di Riina, le prime rivelazioni sulla trattativa tra mafia e Stato. ‘Io, killer mancato’ è tuttavia anche la storia dell’amicizia con Peppe D’Avanzo, Mario Francese e Attilio Bolzoni, di chi ha fatto giornalismo cercando insieme gli scoop o strappandoseli di mano. È il ritratto della Sicilia e delle sue contraddizioni attraverso gli occhi di uno dei suoi migliori giornalisti.

Agli allievi delle superiori Viviano ha lasciato un messaggio importante, quello di essere attenti e di stare il più lontano possibile “da certe strade per le quali ci sono due uniche vie d’uscita: o la galera, o la morte per mano di qualcuno”.
E se l’esempio di chi, in una terra dilaniata dal malaffare, ha voluto scegliere la strada più difficile da affrontare, Viviano non ha mancato nemmeno di portare esempi concreti di chi forse semplicemente non ha trovato la forza e il coraggio di una vita diversa. “Ho un cugino – ha detto l’autore con semplicità – siamo figli di fratelli, l’ho battezzato io, e lui in questo momento è in galera per scontare 10 anni di galera per mafia”. Un male sociale questo, che deve essere combattuto per Viviano con la parola e soprattutto con l’educazione delle giovani generazioni. “L’informazione – ha spiegato infatti il giornalista – può fare tanto per i giovani, soprattutto la scuola è fondamentale, perché è lì che i ragazzi passano la maggior parte del loro tempo. E’ vero, ci sono insegnati capaci e quelli incapaci, ma io vorrei che tutti i ragazzi, ogni mattina – ha concluso con speranza – si svegliassero contenti di andare a scuola e non incazzati perché l’insegnante li terrorizza”.

f.a

 

 

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