Molise unica Regione senza donne in Giunta: c’è il ricorso al Tar. Esponenti di centrosinistra unite per l’uguaglianza di genere: “Il treno della politica non deragli dai binari della legalità”

E la consigliera dem, Fanelli, porta in aula la proposta per modificare lo Statuto regionale. Le donne di centrodestra pronte a votare in favore del genere che rappresentano?

Nessuna donna nell’esecutivo regionale del governatore Toma: è questo il motivo alla base del ricorso presentato al Tar, lo scorso 16 luglio (ultimo giorno utile ndr), e che porta la firma di Beatrice Matalone, braccio destro dell’ex consigliere regionale, Nico Ioffredi, nonché candidata alle scorse regionali nella coalizione di centrosinistra con Unione per il Molise. Ma a sostenere fortemente l’iniziativa della Matalone (con un passato in Sel e attualmente confluita nel recente movimento politico di centrosinistra ‘Futura’ ndr), che si definisce semplice cittadina elettrice, c’è la consigliera regionale del Pd, Micaela Fanelli. Un ruolo quello dell’attuale inquilina di Palazzo D’Aimmo che, probabilmente, ora consente all’ex segretaria del Partito Democratico di portare avanti battaglie sociali in difesa dei diritti delle donne, senza lasciare la sensazione che quei pugni battuti sul tavolo “possano avere un doppio fine”,  per un nome, quello della Fanelli, che spesso nella passata legislatura è entrato nella rosa dei papabili assessori.

Perché, se è vero che l’esecutivo dell’attuale governatore, nonostante i proclami elettorali, non abbia tenuto conto della presenza di genere tra le fila dell’esecutivo, è pur vero che la piccola regione, in questo ambito, non si sia distinta nemmeno nella passata legislatura a guida centrosinistra. E se, a non compiere questa battaglia pubblicamente è stata l’ex numero uno del Pd locale, a sostenere come, invece, più volte all’interno del partito ci siano state pressioni verso l’allora governatore Frattura è ora il vice sindaco di Campobasso, Bibiana Chierchia.

Ma archiviata la parentesi politica, resta da dire come a sostenere il ricorso, promosso dalla Matalone e curato dall’avvocato Bice Antonelli, ex amministratrice isernina dell’era Brasiello, non ci sia solo la consigliera regionale Fanelli, ma anche la Consigliera di Parità della Regione Molise, Pina Cennamo, le esponenti della Giunta Comunale di Campobasso, nonché la Consulta femminile di recente costituzione a Palazzo San Giorgio e la presidente del Comitato Pari Opportunità del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, Celestina Terzano.

Il ricorso, definito “una battaglia per i diritti sociali che non vuole avere nessun colore politico”,  impugna il decreto del presidente della Giunta regionale, numero 53 del 15 maggio 2018, avente a oggetto la nomina dei componenti dell’esecutivo, nonché il decreto numero 56 avente ad oggetto la composizione della Giunta regionale, “per la violazione ed omessa applicazione del principio della parità di genere”, sanciti invece dagli articoli 3, 51 e 117 della Costituzione.

“C’è – ha spiegato l’avvocato Antonelli – un’ampia normativa internazionale volta alla tutela del genere femminile, nonché norme costituzionali che danno alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto l’uguaglianza, impedendo  il pieno sviluppo della persona umana”.

Per il legale ci sono, dunque, due principi fondamentali sul quale appellarsi: la pari dignità e il compito attribuito allo Stato per la tutela della parità.

Non soltanto per la Antonelli – un’affermazione di principio, ma un’affermazione con carattere precettivo”, a cui si chiede ora di far fronte affinché “il treno della politica non deragli dai binari della legalità”.

Un concetto quest’ultimo condiviso anche dalla Cennamo che, su un esecutivo al maschile, già ai tempi della nomina da parte del governatore Toma, aveva espresso sdegno e preoccupazione.

Ma al fianco del ricorso si inserisce anche la proposta di legge regionale della consigliera dem sulle modifiche all’articolo 6 della legge regionale numero 10 del 18 aprile 2014. In pratica, una modifica per garantire che la parità di genere venga tutelata dal medesimo Statuto della Regione.

Due “azioni convergenti”, il ricorso e la modifica allo statuto regionale, necessarie per una battaglia di parità di genere che mette sotto accusa un’amministrazione che “di fatto non ha rispettato nemmeno la volontà degli elettori. Dato che, nonostante la presenza di sei donne in Consiglio, nessuna di loro ha visto assegnarsi la delega di assessore”.

Ma a essere assenti alla conferenza stampa, convocata per presentare le due azioni poste in essere in favore del genere femminile, sono state proprio le consigliere di centrodestra, che la Fanelli assicura di “aver avvisato e invitato per le vie brevi”.

Un’assenza a cui potranno forse rimediare con il proprio voto nel momento in cui la modifica allo statuto sarà discussa nell’aula di via IV Novembre, dove la proposta di legge arriverà dopo essere transitata in prima Commissione.

Solo in quel momento, infatti, sarà possibile capire se le donne di Palazzo D’Aimmo saranno disposte a lasciarsi alle spalle dinamiche di una politica sempre troppo da uomini.

fabyabb

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