Gusto, il piacere necessario per vivere

CAROLA PULVIRENTI

Caldo, morbido, persistente e strutturato, per gli intenditori questa è la descrizione gustativa di un famoso vino italiano. Nel presentare un prodotto enogastronomico, gli esperti utilizzano decine di termini che descrivono le molteplici sfumature che le nostre papille gustative sono in grado di apprezzare.

Si tratta di 5000 gruppi di cellule epiteliali specializzate che si trovano in tutta la cavità orale, compresa l’epiglottide e la laringe.

Le papille gustative sono simili ai neuroni e ci consegnano moltissime informazioni riguardo quello che abbiamo in bocca, dati che ci permettono di distinguere le componenti alimentari “pericolose” spesso percepite come amare, da quelle “utili”, spesso percepite come piacevoli, salate o dolci. Tuttavia, secondo gli scienziati, l’aspetto più importante del gusto è legato proprio al piacere che ne deriva, difatti le persone riescono a vivere anche senza la vista e l’udito, ma chi perde il senso del gusto spesso smette di alimentarsi e, in assenza di un intervento medico, giungerebbe alla morte. Per questo il senso del gusto viene descritto come l’unico sistema sensoriale esterno necessario per vivere.

In alcuni mammiferi il gusto gioca un ruolo importante anche nella comunicazione sociale, permette di rilevare segnali chimici come i ferormoni, importanti nel corteggiamento e nell’accoppiamento.

Negli esseri umani non è noto se il gusto abbia un ruolo simile, tuttavia si è visto che è presente già nella vita intrauterina: il feto beve il liquido amniotico e si succhia il dito, assaporando il gusto della mamma che avvertirà a pieno quando attaccherà la bocca al suo seno.

Il sapore dei cibi fornisce inoltre informazioni che facilitano il processo digestivo dei relativi nutrienti: l’assunzione di sapori dolci segnala al cervello la presenza di calorie e il sapore aspro segnala la presenza di tossine.

Infine, il gusto sembra avere un ruolo importante nella tempestività della diagnosi dell’infezione da Sars-Cov-2,  lo dichiara una revisione della letteratura prodotta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, nel documento si legge che l’81,6 % delle persone infette dal virus ha riferito la perdita del senso del gusto e in molti casi questa alterazione è stata l’unico sintomo dell’infezione, pertanto secondo i ricercatori, la perdita del senso del gusto, associata alla perdita dell’olfatto, potrebbe essere un criterio per sospettare la Covid-19.

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