In Molise il lato nascosto dell’architettura contemporanea: il Professor Filippo Raimondo ha inaugurato la mostra del Premio AdA

fondazione architettiVeicolare la bellezza dell’architettura, portarla fuori dalle quattro mura di uno studio, renderla popolare. Il Premio “Architetture dell’Adriatico” esportato per la seconda edizione anche in Molise, nasce con questi obiettivi, accolti con entusiasmo pure alle nostre latitudini.

L’Università del Molise ospita da sabato pomeriggio una mostra che espone i risultati del Premio. Fino al 20 luglio si potranno apprezzare diversi lavori nel loro percorso tecnico. La Fondazione Architetti della Provincia di Campobasso ha infatti deciso di ampliare l’allestimento itinerante dell’AAA, Agenzia per l’Architettura d’Abruzzo, promotrice del Premio AdA, con tutti i progetti partecipanti, localizzati nel territorio della Regione Molise, per dare visibilità ai progettisti e per proporre una riflessione sullo stato dell’architettura contemporanea molisana.

L’inaugurazione è stata preceduta da un momento di confronto fra gli artefici dell’iniziativa e un buon gruppo di addetti ai lavori. Una spanna su tutti, il professor Filippo Raimondo del noto studio Abdr Architetti (che sta per i ‘big’ Arlotti, Beccu, Desideri e, appunto, Raimondo) che ha tenuto una lectio magistralis sul ‘fenomeno’ architettura contemporanea, traendo spunto da un discreto numero di progetti realizzati dal suo studio.

Saluti di rito affidati al Professore Unimol, Giovanni Fabbrocino, Presidente del corso di laurea magistrale in Ingegneria Civile e al Presidente dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Campobasso, Guido Puchetti. Ma è stato Antonio Sollazzo, Segretario della Fondazione architetti di Campobasso, a entrare nel tema in discussione. “L’iniziativa – ha detto il giovane architetto all’unisono con Oscar Buonamano, direttore editoriale Carsa edizioni – vuole essere una vetrina per i tantissimi progetti che hanno partecipato quest’anno al Premio. Architetture e architetti – ha proseguito Buonamano – lavorano per se stessi, senza la possibilità di condividere con l’esterno il patrimonio di idee che sostengono il loro lavoro. Il Premio AdA serve a dare indicazioni su quanto sta accadendo nel mondo dell’architettura, per rendere meno vuoto lo spazio che si é creato tra accademici e studi professionali, per avvicinare gli interlocutori. Le città possono essere migliori – ha concluso – a patto che si riesca a interessare la gente comune all’architettura”.

Il professor Domenico Potenza è il coordinatore dell’Agenzia per l’Architettura d’Abruzzo. A lui è toccato il compito di presentare il professor Raimondo, non prima di aver introdotto l’architettura contemporanea sul piano storico: “fra gli aspetti essenziali di questa iniziativa – ha detto – c’è senza dubbio la voglia di accorciare le distanze tra il mondo accademico e l’attività dei professionisti. Senza andare troppo in là nel tempo, siamo passati dagli anni Settanta in cui personaggi e architetti innovativi come Renzo Piano non si potevano neanche nominare nelle aule di una università, al nuovo millennio in cui si percepisce un maggiore senso di collaborazione da parte degli accademici. Noi ci muoviamo in questo contesto, pronti a fare da interfaccia tra ‘professori e professionisti’, allo scopo anche di ‘educare’ la committenza, informare cioè per bene il mondo dei costruttori”. Missione ambiziosa ma alla portata dei nuovi architetti. Questo è anche il pensiero del professor Filippo Raimondo che, supportato da slide di progetti, piante, render e foto vere e proprie, s’incammina su un percorso che lascia il segno tra i presenti nell’aula ‘Modigliani’.

Raimondo parte dalla svolta di Abdr: la vittoria del concorso per i lavori alla stazione Tiburtina di Roma, “un riconoscimento in parte inatteso. Era qualche anno fa quando, improvvisamente, grazie alla volontà di Massimiliano Fuksas, abbiamo raccolto buona parte di quanto avevamo seminato negli anni precedenti”. Primi anni importantissimi per la sperimentazione, poi una dopo l’altra, le grandi opere da realizzare. Dopo la stazione Tiburtina, la metro B di Roma nel 2014, l’avveniristico auditorium di Firenze nello stesso anno e altre ancora, ultimamente soprattutto all’estero “perché in Italia le commesse scarseggiano…”. Quando parla di lavori, Raimondo si riferisce a grandi opere: “solo questi progetti sono in grado di tenere in piedi uno studio come Abdr”.

Una slide dopo l’altra, tra il primo schizzo e una piantina, il professore introduce i suoi concetti base. L’architettura che si apre alla città e la città che entra nell’architettura, questo è, in calce, uno dei pilastri su cui poggiano i lavori di Abdr. Poi, Raimondo esamina un altro elemento d’analisi quando dice che: “La forma accompagna il progetto nella sua genesi, non nasce né prima né dopo di esso” e che “Tutti gli elementi devono essere contemporanei durante la realizzazione, fermo restando che quando parte un progetto bisogna avere sempre ben presenti in mente gli elementi tecnici su cui lavorare”. I concetti sono chiari, per tutti: chi è in aula prende appunti, annuisce o scatta foto col cellulare. Raimondo non entra nei dettagli dei progetti: li argomenta tra un aneddoto e l’altro, simpaticamente, pure.

E poi c’è l’Auditorium di Firenze che è un’opera monumentale, moderna, fantastica, il top n Europa per quanto riguarda i teatri. È il progetto più complesso portato avanti con successo dal suo studio, già la pianta, subito proiettata da una slide, è un’opera d’arte, un dedalo di informazioni che si snoda in un’area talmente vasta che, per comprenderla, è necessaria l’integrazione di alcune foto.

 Ci vorrebbero ore per commentare il progetto dell’Auditorium, lui guarda subito al risultato: “L’idea era quella di creare una struttura che fosse interamente visitabile e accessibile. Ci siamo riusciti” dice con un pizzico di orgoglio che ben si accompagna alle spettacolari foto che nel frattempo passano sullo schermo.

Raimondo continua a dare indicazioni, a presentare lavori che hanno battuto la concorrenza di altre opere, e progetti meno… fortunati. In tutti c’è la mano di uno studio coeso che fa della complementarietà dei contributi il punto di forza. Le differenze sono importanti e arricchiscono, l’architettura non sfugge a questa regola. Il Professore chiude sollecitando i presenti a lavorare bene, sperimentare, meditare, sedimentare: “Quello che si raccoglie dopo è il frutto delle attività di archiviazione e di studio realizzate in precedenza” dice. Attività che sono in parte le stesse sintetizzate nella mostra allestita al II Polifunzionale dell’ateneo molisano, inaugurata subito dopo la lezione dell’illustre relatore, alla presenza del Professor Lorenzo Canova, docente dell’Unimol. In esposizione i progetti premiati, selezionati e ‘ospiti’ del Premio, per l’allestimento dell’architetto Giovanni Vaccarini e la bella realizzazione della ‘Faraone architetture trasparenti’, e i progetti partecipanti della regione Molise, allestimento degli architetti Valentina Mignogna e dei fratelli Antonio e Pino Sollazzo. L’architettura contemporanea molisana batte un colpo… all’Unimol fino al 20 luglio per farsi conoscere e apprezzare.

Redazione

CBlive

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