Neuromed

Una “rete” di banche biologiche: la forza dell’integrazione per la ricerca Italiana

Le “Banche biologiche”, o Biobanche, rappresentano un elemento cruciale nella ricerca biomedica moderna. Fungendo da riserva di campioni biologici come sangue, tessuti e DNA, queste strutture forniscono la chiave per comprendere una vasta gamma di malattie.

È quindi un “tesoro che viene dal freddo”, quello delle diverse biobanche presenti nei vari Istituti e Centri di ricerca. Per sfruttarlo al meglio, gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico della Rete Cardiologica si sono dati appuntamento all’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) per implementare una “Biobanca diffusa”, che attraverso la standardizzazione dei metodi e delle procedure permetterà di avere un sistema unico, in cui la grande massa di campioni e di dati formerà una struttura integrata a livello nazionale.

“Questo meeting – dice la professoressa Maria Benedetta Donati, Direttore del Biobanking Centre del Neuromed e Responsabile del Tavolo Biobanche della Rete Cardiologica – ha radunato i rappresentanti di tutti gli I.R.C.C.S. italiani che abbiano un interesse cardiologico. Nell’ottica della missione degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, quella di essere un ponte tra ricerca e assistenza clinica per ridurre il tempo necessario affinché gli avanzamenti scientifici arrivino il più presto possibile ai pazienti, l’obiettivo è ora di creare una massa critica formando una ‘biobanca diffusa’ a livello nazionale. Un approccio collaborativo che favorirà il progresso della ricerca in un campo così innovativo come quello delle Banche Biologiche”.

“Questa rete di biobanche, in cui Neuromed è un attore chiave – commenta il professor Luigi Frati, Direttore Scientifico del Neuromed – rappresenta un importante progresso promosso dal Ministero della Salute. Facciamo un esempio concreto: se un giorno un ricercatore dovesse scoprire un nuovo marcatore per una patologia, allora potrebbe controllare retrospettivamente i campioni conservati nelle biobanche della rete per verificare la validità della sua intuizione. Questo è un grande merito che il Molise e Neuromed hanno raggiunto”.

“Come unire diversi spicchi per formare una grande mela”, questa è l’immagine della rete secondo la dottoressa Amalia De Curtis Responsabile Operativo del Neuromed Biobanking Center: “Ci permetterà di raccogliere un numero molto elevato di campioni, che saranno fortemente riproducibili poiché raccolti sempre con le stesse procedure operative. Allo stesso modo, i dati saranno raccolti e condivisi utilizzando le stesse metodologie, rendendo le informazioni praticamente sovrapponibili. Questa massa di campioni e dati sarà utile sia per i progetti interni alla rete, sia per quelli esterni”.

“È una vera ‘armonia’ quella che cerchiamo – aggiunge la dottoressa Rosanna Cardani, dell’I.R.C.C.S. San Donato, che collabora strettamente con Neuromed – L’obiettivo finale è produrre risultati riproducibili e affidabili. Oltre alle procedure operative, poi, la biobanca diffusa armonizzerà anche la documentazione legale, inclusa la raccolta dei consensi informati”.

Il concetto di conservazione dei campioni di pazienti e cittadini, ma anche delle informazioni sulla loro salute che accompagnano i campioni stessi, è naturalmente una delle questioni più importanti, al centro della progettazione di questa rete, come spiega l’avvocato Giorgia Masina, Data Protection Officer della Rete Cardiologica degli I.R.C.C.S.: “La privacy è una preoccupazione legittima in un progetto così grande. Rassicuriamo i partecipanti fornendo informazioni chiare su come avviene la ricerca, quali sono le sue finalità e, soprattutto, quali misure di sicurezza adottiamo per proteggere la loro privacy. È importante capire che tutti i dati utilizzati sono codificati e non contengono informazioni personali dirette. Lavoriamo per far comprendere l’importanza della ricerca, per far sì che i pazienti diventino parte attiva di questo processo”.

Un ruolo cruciale nel progetto di una Biobanca diffusa non può che essere giocato che dai sistemi informatici, database e piattaforme capaci di integrare e proteggere la grande quantità di dati disponibili. Un punto sottolineato dall’ingegner Andrea Stoppini, del Consorzio di Bioingegneria e Informatica Medica (CBIM): “È dal 2017 che CBIM collabora con la rete cardiologica, composta da 20 istituti distribuiti in tutta Italia, per fornire una piattaforma informatica che permetta ai ricercatori di raccogliere e condividere dati dei pazienti arruolati nei vari progetti. Dati che rappresentano un patrimonio significativo per la ricerca in campo cardiologico, e che devono essere protetti. Per questo motivo la nostra piattaforma risiede sul cloud AVS, che offre le più alte misure di sicurezza attualmente disponibili sul mercato”.

Redazione

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