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Mario Lanza, il grande tenore italo – americano di origine molisana

Una trama avvincente

“Il popolare cantante statunitense, Marc Revere, giunge in Italia per rintracciare la fidanzata Carol Ralston che lo ha piantato dopo un litigio. Dopo aver perso tutti i suoi soldi al casinò, decide di andare a Roma, dove vive suo cugino Pepe Bonelli, musicista in un teatrino di varietà. Sul treno incontra la giovane Raffaella Marini che intende trasferirsi dallo zio. All’arrivo Raffaella apprende che lo zio è emigrato in Sudamerica anni prima e così accetta l’invito di Marc e Pepe a fermarsi da loro per qualche giorno. Tra Marc e Raffaella nasce un sentimento di reciproca attrazione, ma sul più bello riappare Carol e le cose si complicano…” 

Un protagonista d’eccellenza

Questa è la sinossi del film “ Arrivederci Roma”, interpretato da Mario Lanza, Renato Rascel e Marisa Allasio nel 1958. Un classico, come classica è la canzone omonima del film, scritta da Renato Rascel, Garinei e Giovannini (Carl Sigman per la versione inglese) e cantata magistralmente da Mario Lanza (Marc Revere) grande tenore italo-americano di origine molisana !! Mario Lanza, pseudonimo di Alfred Arnold Cocozza, nasce a Philadelfia il 31 ottobre 1921 (nello stesso anno in cui scompare Enrico Caruso) e muore a Roma il 7 ottobre 1959. Suo padre, Antonio Cocozza, proviene da Filignano, piccolo comune molisano in provincia di Isernia (Molise), e sua madre, Maria Lanza, da Tocco da Casauria, in provincia di Pescara (Abruzzo). Freddy, così lo chiamano in famiglia, cresce a casa del nonno materno il quale gestisce una drogheria, è appassionato di pittura e possiede una collezione di vinili di Enrico Caruso. Il ragazzino trascorre così la sua infanzia ad ascoltare ossessivamente le romanze del grande tenore, cercando di riprodurle. La mamma ha una bella voce da soprano, ma, non potendo cantare per l’opposizione di suo padre, triplica i turni di lavoro per fare studiare il figlio. Freddy studia canto in età già avanzata, a diciannove anni, con l’ex cantante lirica Irene Williams, la quale, nel 1940, in un’audizione all’Academy of Music , fa in modo che, mentre egli canta “Vesti la giubba…” da “Pagliacci” di Leoncavallo, venga notato dal maestro Serge Koussevitzky, il quale, colpito, gli offre una borsa di studio presso il Berkshire Music Center, dove il ragazzo si distingue come miglior allievo.

Storia di un grande artista cresciuto in Molise

Nel 1942 esordisce ne Le allegre comari di Windsor di Nicolai nel ruolo di Fenton e si fa notare dalla critica. Il New York Times titola “…la superba potenza della sua voce”. A questo punto adotta il nome d’arte Mario Lanza, in onore della madre e parte militare per Marfa in Texas. E’ qui che intrattiene le truppe con spettacoli, (lo soprannominano Il Caruso dell’Air Force) , e, ingaggiato per dei musical e firma un contratto di cinque anni con la RCA Victor. Nel 1945 termina il servizio militare e convola a nozze, a Beverly Hills, con Elisabeth “Betty” Hicks. Mario Lanza si trasferisce a New York e continua a perfezionarsi in pianoforte e canto con Enrico Rosati, che è già stato maestro del grande Beniamino Gigli. In merito al carattere di Mario Lanza, Benito Vassura, sul retro di un suo LP del 1979, scrive: “…Mario, era celebre per la sua generosità, senza freni. Arrivò per il concerto da New York, mentre Betty ( la moglie ), era già qui e abitava in casa nostra. Il biglietto ferroviario di Lanza era già stato pagato ed egli aveva in tasca cento dollari per le piccole spese che gli sarebbero potute capitare in quel breve viaggio, ma era stato tanto generoso nelle mance che, quando giunse a casa, non aveva in tasca neppure il denaro sufficiente per il taxi. Nella sua prodigalità rasentava la stravaganza. Andava a prendere un giornale a tarda sera e dava all’edicolante dieci dollari, ma, se era la sera di Natale, poteva dargliene anche cento. Vi furono autisti di taxi che diventarono ricchi soltanto parcheggiando la macchina di fronte a casa sua, in attesa del suo arrivo…

Tanti grandi successi tra cui il cinema

In questo periodo, prende accordi con il celebre produttore Louis B. Meyer per apparire come interprete in una serie di film. È la svolta della sua vita, dal momento che il cinema contribuisce più di ogni altro mezzo a diffondere il suo nome e nel contempo, ad avvicinare molta gente al genere operistico. Realizza dapprima “Il bacio di mezzanotte ” e poi debutta nella lirica all’Opera di New Orleans come Pinkerton in “ Madame Butterfly”.
Nel 1950 esce “Il pescatore della Louisiana”, suo secondo film, in cui interpreta la sua più famosa canzone, Be My Love. Subito dopo, nel 1951, realizza il vero capolavoro della sua carriera cinematografica, “Il grande Caruso”, sulla vita del grande idolo della sua vita, con la regia di Richard Thorpe, in cui canta una quindicina di arie tratte dal repertorio del grande tenore e mette, più che mai in luce, le sue doti canore, il suo grande dono, sottolineato anche dalla celebre frase “Credi di possedere una voce e invece è la voce che ti possiede!” In quest’opera impersona il suo grande maestro occulto, diventando, in qualche modo, la personificazione di colui che lo ispira da sempre e, in termini esoterici, è come se nel momento della sua morte, avvenuta nel 1921, Caruso abbia passato a Freddy il testimone del proprio immenso talento, garantendosene la continuità. Il film vince l’Oscar per il miglior sonoro. Grazie a questo lungometraggio, ritorna in voga, nei gusti popolari, la lirica, che ora, grazie alla voce di Mario Lanza, è in grado di toccare le corde profonde di diversi tipi di pubblico, dal più sofisticato al più popolare. Dal Messaggero del 7 ottobre 2017 “cfr…Con le sue interpretazioni, in particolare nel film Il grande Caruso (1951), ha avuto il grande merito di far conoscere e amare ai giovani la musica lirica; infatti molti furono coloro che intrapresero lo studio del canto lirico dopo aver ascoltato le sue interpretazioni” (Enrico Gregori).
Carola Pulvirenti
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