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Il torrente Sassinora avvelenato: si teme un disastro ambientale

Domenico Rotondi
Un nuovo grave episodio di inquinamento ha colpito nei giorni scorsi il torrente Sassinora, corso d’acqua che attraversa l’area industriale di Sassinoro, alle pendici del Matese. Nei pressi del depuratore comunale di contrada Pianelle, danneggiato da sostanze non ancora identificate ma con ogni probabilità di natura industriale, si sono verificati sversamenti tossici che hanno causato la morte di circa 15 quintali di fauna ittica, tra cui le trote di un allevamento situato nel vicino comune di Morcone. Le acque del torrente, rese nere dagli scarichi, confluiscono nel fiume Tammaro e da qui nell’invaso di Campolattaro, risorsa idrica fondamentale per vaste zone del Sannio e della Campania.
L’ARPAC ha avviato le analisi dei campioni d’acqua, mentre i Carabinieri indagano per individuare i responsabili. Il sindaco di Sassinoro, Luca Apollonio, ha firmato un’ordinanza urgente che prevede la bonifica ambientale dell’area, la cessazione di ogni sversamento illecito, la messa in sicurezza del depuratore e l’istituzione di un presidio permanente di vigilanza ambientale. Europa Verde Benevento ha rilanciato l’invito ad adottare il Contratto di Fiume, strumento previsto dal Codice dell’Ambiente (art. 68-bis, D.Lgs. 152/2006) e dalla Direttiva europea 2000/60/CE, per una gestione integrata e partecipata dei corsi d’acqua, al fine di prevenire disastri simili e tutelare le comunità locali.
Il temuto disastro ambientale dei giorni scorsi si inserisce in una cornice di tensioni e criticità già note da anni.
Sassinoro, infatti, è stato più volte al centro del dibattito pubblico per la proposta di realizzare impianti per il trattamento dei rifiuti in un’area prossima all’invaso di Campolattaro e all’area archeologica di Saepinum (sempre più strategica per lo sviluppo turistico e culturale del Molise), in un contesto di alto pregio naturalistico, paesaggistico e monumentale già incluso nella perimetrazione del costituendo Parco Nazionale del Matese, istituito con la legge 205/2017 ma non ancora pienamente operativo.
Già nel 2020, esponenti politici come il deputato Pasquale Maglione (M5S), insieme a comitati cittadini e associazioni ambientaliste, avevano espresso forte contrarietà a una pianificazione ritenuta anacronistica e incoerente con la vocazione del territorio. Le osservazioni erano supportate da valutazioni tecniche e scientifiche, tra cui quelle dell’ISPRA, che hanno ribadito la necessità di salvaguardare l’equilibrio ecologico dell’area matesina. Alla luce delle Direttive europee sulla tutela degli habitat (92/43/CEE) e sulla protezione dell’avifauna (2009/147/CE), nonché della legge quadro nazionale sulle aree protette (n. 394/1991), il permanere di attività potenzialmente inquinanti appare in contrasto con gli obblighi di conservazione e valorizzazione ambientale. L’evento del luglio 2025, dunque, non è un caso isolato, ma l’effetto di anni di programmazione insufficiente e controlli inadeguati, ai quali oggi si chiede, con urgenza, un radicale cambio di rotta.

Redazione

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