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Piana del Tammaro, Rutigliano: “Sfruttare il richiamo di Saepinum e far vivere l’area col turismo”

Il Molise vive di zone da salvaguardare e valorizzare. Ai fini turistici, come dimostrato la scorsa estate, la terra della ventesima regione d’Italia è ancora un’area inesplorata, su cui poter lavorare. Tra queste c’è Sepino, cittadina di poco meno di duemila abitanti, che segna lo spartiacque tra il Molise e la Campania.

“Pochi hanno capito che la bella Sepino vive dentro una conchiglia che la protegge e la rende attraente – afferma Oreste Rutigliano, ex presidente di Italia NostraDa un lato, la montagna rigogliosa, che dà un senso di protezione, con le belle forme del monte Muschiaturo e la bastionata che sostiene Campitello di Sepino; dall’altra parte, la piana del Tammaro che alterna armoniosamente campi con rigogliose querce quasi a richiamare le campagne francesi”.

“La piana di Sepino è un unicum – prosegue Rutiglianoforse una delle ultime conche montane ancora non industrializzate, questa è oggi una rarità e un pregio per il mercato del turismo sia paesaggistico che economico. La piana è il primo bene da proteggere, prima ancora della stessa Saepinum Altilia. Spero che se ne siano resi conto in molti, specialmente quando ci si reca al Belvedere di Cercemaggiore e se ne può identificare la vastità e la singolarità, volgendo lo sguardo fino alla cima del monte Mutria e del monte Miletto. Fortuna ha voluto come uno come il sottoscritto creda nella piccola e media industria e che sia essa la spina dorsale del Paese ed anche i luoghi per l’occupazione dei figli di questa terra per evitare le migrazioni in altre regioni. Quindi bisogna sapersi orientare e capire come nelle aree industriali di Vinchiaturo, Bojano, Campochiaro gli spazi per l’industria ci siano. Quello che manca sono gli investimenti, ma questo è un altro discorso e non saranno certo i sepinesi a poterlo risolvere. La piana dunque va difesa, è un pezzo essenziale del prestigio di Sepino: nell’area industriale, quando nel 2000 venne inaugurato il grande complesso industriale dell’acqua minerale “La Sepinia”, si osservarono modi e forme tali da compenetrarsi alle campagne laterali. Salvo consentire pochi anni fa ad un furbo imprenditore di piazzare un capannone per la rivendita di materiali edilizi sfruttando la visibilità offerta dall’incrocio tra la Contrada Piana d’Olmo e la SS87, costituita da una delle forme più repellenti dell’edilizia moderna, e cioè il prefabbricato in cemento armato, accettabili solo all’interno di grandi aree industriali che hanno ben altre pretese”.

A tal proposito, perché non chiedere alla sovrintendenza di intervenire su forme più appropriate per attenersi alla conformazione territoriale del luogo? “Un altro contropotere è quello dello Stato tramite la sovraintendenza, visto che Sepino non è un paese qualunque. Si sarebbe potuto intervenire, al fine di evitare i materiali tutt’intorno allo stabile, in area aperta, evitando il bazar dell’orrore, tutto questo posto ai piedi dell’amata Sepino”.

Lei non apprezza i lavori di ampliamento di Via Pesco Menardo, strada che conduce alla scuola primaria e secondaria di Sepino. “A mio avviso si tratta di un’opera inutile che spezza in due la valletta del territorio sepinese. È stata stravolta la sua originaria conformazione violentando inopportunamente la sua natura selvaggia”.

La piazza di Sepino, uno dei più bei salotti molisani, illuminata dai LED. Lei cosa ne pensa? “Perché essere così folli da farsi violentare dai LED nella forma più brutale, al massimo dei gradi Kelvin? Sepino, paese di montagna, dove il colore del fuoco ha lasciato il passo a delle luci ambrate per lunghi anni che riscaldavano le atmosfere serali della meravigliosa piazza si è fatta fregare dai LED nella sua versione più gelida e anestetizzante. Si potevano installare LED a luce calda ottenendo lo stesso risparmio energetico”.

Che ricordo ha delle Tre Fontane? “Le ho conosciute quando regalava al paese la più bella passeggiata comunitaria, nei luoghi più ameni accanto al fiume Tappone, entro uno spazio che continuava ad essere naturale, ma che consentiva a tutti di godere della cura delle acque termali e di cui noto che tutti i sepinesi hanno una nostalgia che va addirittura al di là di quello che era”.

Crede in una svolta positiva per le terme? “Mi auguro che si abbia il coraggio di azzerare tutto e di ricominciare da capo per restituirle ai sepinesi in una dimensione più conforme alla natura di un paese di duemila abitanti. Bisogna saper sfruttare il richiamo di Saepinum che sarà sempre più forte e questo è certo, per poter portare il paese ad una quota di turisti che non si fermino per una mezza giornata, ma che vivano il paese in tutte le sue forme. Sepino potrebbe vivere di turismo in tutte le sue sfaccettature e con tutte le attività collegate al terziario”.

Luciana Iamartino

Redazione

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