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Da ‘Un medico in famiglia’ a Campobasso per aprire la stagione estiva. Con ‘Le ultime sette parole di Cristo’ Giovanni Scifoni in scena a Piazzetta Palombo

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Giovanni Scifoni

GIUSEPPE FORMATO

Il primo appuntamento del cartellone estivo organizzato dall’assessorato alla Cultura del Comune di Campobasso è uno spettacolo teatrale dell’attore Giovanni Scifoni: ‘Le ultime sette parole di Cristo. Minestra di fede per cialtrone e strumenti antichi’, promosso dall’Associazione Culturale Muse. Oltre all’attore e regista Giovanni Scifoni, in scena ci saranno Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli.
Giovanni Scifoni, che ha vinto il Premio Golden Graal 2011, come astro nascente del teatro, è diventato famoso, grazie al piccolo schermo, partecipando a fiction, film e miniserie di prime serate di Rai e Mediaset, come ‘Un medico in famiglia 7’, ‘Squadra antimafia – Palermo oggi’, ‘Don Matteo 6’ e ‘Un passo dal cielo 3’, ‘Un caso di coscienza 3’ e ‘Io non dimentico’.

Fede purissima, ateismo purissimo, superstizione purissima sono al centro del brillante monologo in cui un ‘cialtrone’, Giovanni Scifoni, attraversa con ironia i temi e i personaggi della spiritualità, scanditi dalle sette frasi evangeliche, che per sette volte sospendono il tempo e l’aria.
È uno spettacolo che ha girato l’Italia con centinaia di repliche, più di cinquanta soltanto al teatro Cappella Orsini a Roma, e migliaia di biglietti venduti.

“Nei tempi antichi – ha affermato l’attore e regista Giovanni Scifoni –, durante la liturgia del Venerdì Santo, le vetrate della cattedrale di Cadice venivano oscurate, creando l’eclissi, come narrato dal Vangelo. Il vescovo pronunciava una delle sette frasi pronunciate da Gesù prima di morire, prostrandosi davanti al Crocifisso mentre i fedeli meditavano con lui, col sottofondo di uno strumento musicale. E così per sette volte. È un’usanza ormai persa – le parole dell’attore romano – che noi abbiamo riportato sul palcoscenico, insieme a Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli, nel ruolo di due musicisti che rievocano le antiche sonorità della tradizione cristiana, mentre il ‘cialtrone’ si agita e, prendendo spunto dalla liturgia quaresimale, prova a investigare nell’anima umana e nel silenzio di Dio. Ho trasformato le ultime sette frasi di Cristo in altrettanti racconti, o meglio casi umani, penetrando nei paradossi della fede, tanto da far scricchiolare la sedia dello spettatore, stimolandone però l’ironia, il sorriso, ma non nel senso del sarcasmo, bensì con l’utilizzo della comicità del paradossale. Fare ridere: questo è paradossale. Anche considerando che la fede è il più grande paradosso. I miei genitori mi hanno lasciato in eredità solo la fede e provo a restituirla con tutte le contraddizioni e le assurdità che essa possiede”.

“Mi esibisco a Campobasso per la prima volta, città conosciuta grazie all’amico e collega Marco Caldoro – ha proseguito Giovanni Scifoni – e sono certo di trovare un bell’ambiente”.

L’attore romano ha concluso la sua intervista con un parere sullo stato dell’arte e della cultura nel Belpaese. “C’è differenza – le sue parole – tra la disponibilità che lo Stato dà alla cultura per crescere e vivere e lo stato di salute degli artisti. Sono due fattori che sono indipendenti. Durante la guerra sono stati i più grandi artisti del ‘900, nonostante lo Stato non aveva come priorità l’arte e la cultura, elementi foraggiati e incoraggiati durante le dittature, periodi durante i quali non è che si siano segnalati, con qualche eccezione, grandissimi geni. Nel passato, con lo Stato teocratico, l’arte era considerata un bene di prima necessità, oggigiorno invece non riesce a interessarsi alla materia, perché lo Stato non è lungimirante. Si vive in continua emergenza economica e sociale, dunque, è impensabile concentrarsi sull’arte. Per questo motivo, l’artista deve essere in grado di tirare fuori di sé l’indipendenza e la capacità di brillare senza l’aiuto altrui. Non piagnucolare il paradiso perduto, ma occorrerebbe rimboccarsi le maniche e provare a emergere”.

 

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