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Storie di giovani / Gabriella, 27 anni e una vita trascorsa in carrozzina. Ci descrive Campobasso, la città anti-disabile

Gabriella Palladino
Gabriella Palladino

MARIA CRISTINA GIOVANNITTI

Solo parlando con Gabriella Palladinoventisettenne campobassana, laureata in Scienze del Servizio Sociale e vincitrice del concorso indetto dal Arsiam per la creazione del logo – si ha la possibilità di vedere la città con gli occhi del disabile, notandone le difficoltà. Lei che è affetta fin dalla nascita da una malattia degenerativa che l’ha portata a subìre molte operazioni e che la vede costretta in carrozzina – seppur può alzarsi ma solo per poco, evitando di affaticarsi, – ci racconta tutti i disagi che vive un disabile in Molise, tra inciviltà, ignoranza e paradossi.

È vero che alle ultime elezioni amministrative, il Comune di Campobasso per i disabili ha messo a disposizione un mezzo di trasporto che permettesse loro di andare a votare? In realtà non mi sono mai interessata a questo servizio visto che vado sempre con i miei genitori a votare anche se avevo sentito anche io che c’era questa possibilità”.

Quotidianamente, invece, quanta difficoltà hai nello spostarti con il trasporto urbano? “Tantissima. Prima di tutto i pullman che ne sono provvisti, hanno pedane con troppa pendenza, motivo per cui sono davvero pericolose sia quando si scende che quando si sale. Quando ho la sedia elettrica riesco a muovermi un po’ meglio rispetto a quella manuale ma comunque situazioni di pericolo si presentano sempre. Per esempio un giorno ero alla fermata dell’autobus davanti al centro commerciale Monforte – è lì che devo prendere il pullman perché davanti casa mia ho due fermate ma passano autobus senza pedane – e stavo per salire quando all’improvviso mi sono ribaltata con la carrozzina. Per fortuna che c’era dietro di me il mio ragazzo, Giuseppe che subito mi ha aiutata”.

Questo significa che quando esci devi essere sempre accompagnata? “Purtroppo si, devo sempre dipendere da qualcuno che obbligatoriamente deve stare con me. Uno stato che si vive solo qui a Campobasso perché, per esempio, sono stata a Firenze e lì mi sono spostata senza problemi: c’erano i mezzi pubblici che erano tutti forniti di pedane elettriche per i disabili. Una situazione non del tutto piacevole che, però, vivo con serenità grazie all’amore e all’aiuto della mia famiglia e del mio ragazzo. Loro mi amano oltre ogni cosa”.

Per quanto riguarda, invece, l’uso dei treni nella stazione di Campobasso? In questo senso a Campobasso non ho mai preso un treno. Ho sempre evitato, quando era possibile. Trenitalia prevede un servizio che è quello dell’ascensore per cui deve essere funzionante a tutte le ore senza se e senza ma”.

Eppure quando abbiamo chiesto spiegazioni al responsabile ci ha detto che ‘a chiamata’ ci sono a disposizione dei volontari che aiutano il disabile … Non mi sembra una giustificazione anche perché l’ascensore è un servizio per tutti e non solo per il disabile. Inoltre con la mancanza di pedane, i volontari come trasportano il disabile, a spalla? Bisogna tener conto anche dei diversi tipi di patologie che possono impedire un trasporto del genere. Insomma l’ascensore esiste e deve funzionare sempre”.

Quando ti muovi sui marciapiedi, com’è la situazione? “In questo caso pessima. Molti punti dei marciapiedi sono rotti, altri hanno gli scivoli impraticabili. Senza parlare della zona che collega contrada Colle delle Api a San Giovannello: lì in pratica il marciapiede è inesistente. Parlo non solo a nome dei disabili ma di tutti i pedoni: in quel tratto di strada lo scorrimento delle vetture è anche a velocità elevata per cui si corre il rischio ogni giorno. Non contenti, alcuni autotrasportatori parcheggiando al bordo della strada, fanno si che noi pedoni dobbiamo fare lo slalom in mezzo alla strada”.

Come vedi Campobasso? Campobasso è una città anti-disabile e la caratteristica più antipatica è la sua divisione in due: la zona Industriale che cresce fornendo maggiori servizi per noi disabili, rispetto al centro storico che è inaccessibile. In tutti i negozi del centro, per esempio, non posso entrare perché non ci sono le pedane ma solo gradini. Nei pochi negozi che hanno le pedane sono messe male e quindi allo stesso modo impraticabili”.

Quali sono i paradossi di questa città?Ce ne sono tantissimi, con tante barriere architettoniche. Faccio un esempio: per rinnovare la tessera per il trasporto devo recarmi negli uffici comunali dell’area Servizi Sociali di via Cavour. Sfido per un disabile nel riuscire solo a superare il portone antico che c’è all’ingresso e presenta un rialzo enorme, che mi impedisce di entrare. Motivo per cui quando vado lì devo aspettare fuori mentre il mio ragazzo deve entrare al posto mio e sbrigare i miei servizi. Oppure, da poco sono iscritta all’Associazione ANMIC – Nazionale Mutilati e Invalidi Civili – che è stata spostata al secondo piano dell’edificio di via Milano, una struttura che non ha né ascensore e né pedane! Insomma un’associazione per invalidi che impedisce ad un invalido di poterci arrivare lì su”.

Termoli com’è rispetto a Campobasso? “Devo dire che mi sposto davvero poco dalla mia città. Ad esempio, per noi disabili è impensabile andare su una spiaggia libera che sono sprovviste di pedane”.

Riscontri inciviltà tra le persone? A mio parere manca l’educazione alla disabilità, motivo per cui né le persone, né i politici pensano da disabili o vedono la città con gli occhi di una ragazza che deve vivere in carrozzina. Per me, ad esempio, nei disagi di vita quotidiana diventa difficile anche andare al supermercato e cercare di prendere un prodotto dagli scaffali troppo alti, se non chiedo aiuto, oppure passare con la carrozzella tra le casse, in uno spazio molto stretto. Già di per sé l’handicap porta un malessere interiore enorme, se a questo si aggiunge anche la città che ha dei servizi ma si dimentica di offrirli, la situazione per noi diventa pesante.  A livello umano la cosa che mi fa stare più male è l’emarginazione. Le persone mi guardano con pietà e con paura, forse la paura del diverso o forse l’imbarazzo perché non sanno come approcciarsi a me e così tendono ad allontanarmi. Ripeto: la forza maggiore per affrontare tutto questo la ricevo dalla mia famiglia e dal mio fidanzato”.

Che appello faresti alla politica: dal Presidente Frattura fino al sindaco Battista? I servizi non devono funzionare solo nel periodo del voto. Se nella città ci sono, esistono, devono essere garantiti obbligatoriamente. Già l’accettazione del problema è difficile a livello umano, se si aggiunge anche la città …”

Il sorriso e la dolce voce non nascondono comunque la grinta di Gabriella nella sua volontà di aiutare i campobassani a “pensare di più da disabili”.

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