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Storie di giovani: la ‘Round Midnight Edizioni’ di Campobasso e il genio e la sregolatezza di Domenico Cosentino

Domenico Cosentino e i suoi libri
Domenico Cosentino e i suoi libri

MARIA CRISTINA GIOVANNITTI

Una città che importa un giovane talento come lo è Domenico Cosentino, scrittore napoletano geniale e diabolico che, insieme alla lungimirante professionalità della storica tipografia Palladino di Campobasso, decide di investire in un arduo progetto: dar luce ad una nuova casa editrice molisana.

Il 31 ottobre 2012 nasce la ‘Round Midnight Edizioni’ di Campobasso, una scommessa quasi azzardata in un Molise spesso poco reattivo nel settore cultura, oggi una piacevole vittoria che porta in città personalità letterarie di rilievo, come – per esempio – Vincenzo Costantino Cinaski.

L’estrosa arte di Cosentino-scrittore si riflette anche nel Cosentino-editore, motivo per cui la ‘round midnight è una casa editrice indipendente dalle mode del momento e diversa dalle solite ‘industrie dei libri’. Cosi gli autori editi sono il frutto di scelte ponderate: giovani scrittori innovativi e controcorrente, autori di pagine ruvide e spigolose che velano un sottostrato di significati e tematiche. Un Cosentino editore che, insieme alla Palladino di Campobasso, propende per scelte letterarie coraggiose, intriganti e svecchiate dalle banalità.

Perché un giovane editore, nonostante la crisi del settore, decide di investire in una regione così piccola come il Molise? “Io mica investo in una regione, io investo nella gente. Abbiamo avuto un riscontro esagerato, ogni volta che facciamo un evento la partecipazione è molto alta, significa che la gente ha voglia di belle cose, devi solo organizzarle”.

Che progetti ha la ‘Round Midnight Edizioni’? “Pubblicare bei libri, in bellissimi formati, girare l’Italia con le nostre pubblicazioni, scovare qualche giovane autore. A giugno uscirà una raccolta di racconti di Giorgio Olmoti, abbiamo ristampato dopo solo due mesi dall’uscita, il romanzo di Amleto de Silva “La nobile arte di misurarsi la palla” e ti dico che ad agosto non ci riposeremo, ma parteciperemo a diversi festival di letteratura e organizzeremo belle cose a Termoli”.

Intanto nel giro di poco tempo, la nuova casa editrice ha portato in città molti scrittori di rilievo ed estrosi. Ci fai qualche nome? “Abbiamo portato Vincenzo Costantino, Andrea Donaera che hanno fatto degli spettacoli eccezionali, a settembre continueremo a far venire i nostri autori, associando alle loro letture musica indipendente”.

Come approdi a Campobasso? “Per caso, otto anni fa fui invitato a leggere delle mie poesie in una libreria che ora non c’è più. In quell’occasione ho conosciuto Giovanna Colitti e, successivamente, suo marito Gino Palladino e insieme abbiamo deciso di mettere su questo marchio editoriale indipendente”.

Con l’occhio vivace di una persona ‘esterna’ a questa realtà, secondo te quali sono i difetti di Campobasso? “Secondo me non ha avuto modo di svilupparsi, c’è l’università e un polo ospedaliero enorme, ma non esistono i collegamenti con le altre regioni. I treni e i pullman sono rari, le strade d’inverno impraticabili, è un po’ come se vi nascondeste dagli altri. Eppure siete un popolo così caloroso, ti parlo per la mia esperienza eh”.

Quali le risorse? “La gente, a me piace. Siete tosti come noi irpini”.

Per chi ti conosce anche nelle vesti di scrittore, nel tuo testo ‘Le città invivibili’ edito Palladino, definisci anche Campobasso invivibile, perché? “Quando venni quella volta tanti anni fa trovai la città un po’ chiusa, astiosa. Fu un’impressione riferita a quel momento. Ma il giorno dopo con il sole e con le persone che avevo conosciuto la mia impressione cambiò, Campobasso forse è l’unica città, tra quelle invivibili, che si salva. Non è per la città in se, ma per gli stati d’animo che provavo all’epoca”.

Secondo te, cosa si potrebbe fare per migliorare la voce ‘cultura’ in questa città? “Nella vostra realtà, come in diverse, c’è quella che io definisco guerra tra poveri. Nascono decine di piccole associazioni che si rubano gli eventi tra di loro creando in questo modo decine di piccole cose e frammentando il pubblico. Si dovrebbe invece unire le forze e creare eventi tutti insieme. Convogliare il pubblico. Ma questa è un’utopia”.

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