Cronaca

Una strada percorribile per far rispettare il ‘principio di legalità’ nel contenzioso bancario

Nel contenzioso bancario ormai regna un grande confusione a discapito dei malcapitati cittadini italiani. Si evidenzia il contrasto insorto negli ultimi tempi tra la Cassazione Penale e quella Civile in materia di computo delle commissioni di massimo scoperto (CSM) nel calcolo del tasso effettivo globale (TEG) fino al 31.12.2009, nonché in materia di interessi di mora.

Infatti, l’orientamento sul tema assunto dalla I Sezione Civile della Corte di Cassazione nel 2016 si contrappone in maniera netta a quello assunto – sulla stessa questione – dalla II Sezione Penale del medesimo Supremo Collegio: con le sentenze n. 12965 del 22.06.2016 e n. 22270 del 03.11.2016, difatti, i Giudici Civili hanno espressamente criticato le storiche pronunce n. 12028/2010, n. 28743/2010 e n. 46669/2011, n. 28928 2014 e n. 10516/2016, mediante le quali i Colleghi della II Sezione Penale – riconoscendo natura interpretativa (e non innovativa) all’art. 2 bis della Legge n. 2/2009 – avevano giudicato le commissioni di massimo scoperto (CMS) rilevanti ai fini del computo del TEG anche per il periodo antecedente al 2010 e ciò a prescindere dalle difformi indicazioni impartite dalla Banca d’Italia.

Il contrasto tra la giurisprudenza penale e la giurisprudenza civile circa il computo delle commissioni di massimo scoperto (CSM) nel calcolo del tasso effettivo globale (TEG) fino al 31.12.2009, rappresenta un caso quasi unico nella storia della nostra giurisprudenza di legittimità, dal momento che la Cassazione Civile ha di fatto invaso il campo della Cassazione Penale in materia di reato (art. 644 c.p.). Questo è quanto affermavo circa tre anni fa in un mio articolo dal titolo provocatorio “Banche e golpe giudiziario”. È evidente che il contrasto in questione ha generato una grande sfiducia nella Giustizia da parte dei cittadini consumatori bancari, nonché una loro inevitabile confusione, poiché assistono inermi ad un contrasto giurisprudenziale senza precedenti, dannoso e non sanabile, in pregiudizio del sistema economico, nonostante la funzione di nomofilachia della Corte Suprema di Cassazione.

Per funzione nomofilattica o nomofilachia nel diritto, fino a prova contraria, si intende comunemente il compito di garantire l’osservanza della legge, la sua interpretazione uniforme e l’unità del diritto in uno Stato nazionale. Nei casi più importanti o in quelli per i quali vi siano orientamenti contrastanti delle diverse Sezioni, la Cassazione si riunisce in Sezioni Unite con la presenza di nove membri compreso il primo Presidente o un Magistrato da lui delegato.

Le Sezioni Unite (SS.UU.) costituiscono la Sezione più autorevole della Corte Suprema di Cassazione. Nel processo civile, la pronuncia delle Sezioni Unite è contemplata dall’art. 374 c.p.c., mentre nel processo penale è prevista all’art. 618 c.p.p. In materia penale, quando occorre dirimere contrasti insorti tra le decisioni delle singole Sezioni o quando le questioni proposte sono di speciale importanza (ad esempio perché si tratta di una questione che si presenta per la prima volta), il Presidente della Corte di Cassazione, su richiesta del Procuratore Generale, dei difensori delle parti o anche d’ufficio, assegna, ex art. 610 c.p.p., il ricorso alle Sezioni Unite.

Le sentenze delle SS.UU. sono la massima espressione della giurisprudenza italiana in materia di legittimità procedurale: esse danno un orientamento definitivo in materia penale e civile anche se le singole Sezioni possono esprimere un avviso diverso non condividendo il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, rimettendo a quest’ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso (ex art. 374 c.p.c. e art. 618 c.p.p.). Quindi, al momento non esiste un rigido vincolo delle Sezioni semplici al precedente delle Sezioni Unite. Il valore del precedente, nell’ambito del contrasto tra la Cassazione Penale e quella Civile in materia di computo delle commissioni di massimo scoperto (CSM) nel calcolo del tasso effettivo globale (TEG), merita un’attenta riflessione in ordine ai futuri scenari giurisprudenziali in tema di usura bancaria. Difatti, la famosa decisione n. 16303 delle Sezioni Unite Civili del 27.02.2018, che, da un lato, hanno riconosciuto, in base al dettato normativo (art. 644 c.p.), il computo delle commissioni di massimo scoperto (CMS) nel calcolo del tasso effettivo globale (TEG) anche nel periodo antecedente il 2010 e, dall’altro, hanno riconosciuto una modalità di calcolo delle commissioni di massimo scoperto (CMS) ai fini usura conforme alle Istruzioni della Banca d’Italia dettate fino al 31.12.2009, potrebbe non essere condivisa dalla stessa Cassazione Penale e, ai sensi dell’art. 618 c.p.p., quest’ultima potrebbe rimettere in discussione davanti alle Sezioni Unite Penali il principio di diritto enunciato dalla Sezioni Unite Civili. Ma vi è di più: con ordinanza del 27.06.2019, depositata il 22.10.2019, sempre la I Sezione Civile della Corte di Cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite Civili, sulla questione dell’assoggettamento o meno degli interessi di mora alla disciplina antiusura. Sicché si potrebbe sostenere che, avendo scelto ancora una volta la Cassazione Civile per dirimere una questione che – per evidenti ragioni di opportunità – competeva alla Cassazione Penale, è come aver scelto un cardiochirurgo in luogo di un neurochirurgo per operare il cervello. Per evitare un’ennesima ingiustizia in pregiudizio dei consumatori, prima che il Primo Presidente assegni la causa alle Sezioni Unite Civili, dovrebbe essere sollecitato urgentemente – con una apposita nota scritta – l’intervento del Procuratore Generale, il quale, ai sensi dell’art. 610, 2 comma, c.p.p., dovrebbe chiedere al Primo Presidente di assegnare il ricorso alle Sezioni Unite Penali anziché Civili per dirimere interamente questioni di diritto di speciale importanza in materia di contenzioso bancario, governate pur sempre, nella loro complessità, dall’art. 644 c.p. Se il Primo Presidente non potrà assegnare una causa civile alle Sezioni Unite Penali, è pur vero che la presa di posizione del Procuratore Generale potrebbe essere utile per il futuro in una materia terribilmente condizionata dalla finanza. Questa soluzione era stata già prospettata nel febbraio 2018 ad un Convegno presso la Corte d’Appello di Roma, organizzato dalla SOS Utenti e dal Movimento Forense. Alle parole dall’avv. Luigi Iosa si aggiungono le considerazioni di Corrado Canfora, magistrato a riposo e Procuratore Generale onorario della Corte di Cassazione. “Bisogna prendere atto dell’enorme disagio che la situazione ha generato tra cittadini interessati, tra i cultori del diritto e, mi auguro, anche tra i magistrati.

La confusione è venuta a crearsi perché la questione sottoposta al giudizio dei giudici riguarda profili di competenza sia del civile che del penale ed è nell’id quoad plerumque accidit che le SS.UU. Civili e le SS.UU. Penali la pensassero diversamente sulla stessa materia.

La risoluzione del conflitto non è processualmente prevista, ma è di vitale importanza per il prossimo futuro e non è il caso di attendere un intervento legislativo soprattutto in questo periodo. Il mio vecchio professore di filosofia del diritto mi diceva che il diritto nasce vecchio nel senso che va a disciplinare situazioni che si sono già verificate. Però non ci possiamo portare avanti un conflitto su una materia di vitale importanza per la finanza. Quale la soluzione? Il primo Presidente della Corte di Cassazione, anche su impulso del P.G., potrebbe indire una riunione, anche se non prevista da alcuna norma, ma la delicatezza e la importanza della questione lo consigliano, delle SS.UU. della Cass. Civile e delle SS.UU. della Cass. Penale e nell’ambito di essa fissare dei canoni comuni di interpretazione. Certamente non sarebbero vincolanti, ma darebbero almeno la prova della sensibilità di voler porre rimedio ad un conflitto insanabile con le vigenti norme processuali”.

a cura dell’avv. Luigi Iosa

Redazione

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