Cronaca

Carcere, associazioni contro le dichiarazioni del sindacalista Di Giacomo. “Violenza non è sinonimo di malattia mentale”

L'ingresso della casa circondariale di Campobasso
L’ingresso della casa circondariale di Campobasso

Solo ieri il segretario generale del Sindacato Polizia penitenziaria, Aldo Di Giacomo, aveva puntato il dito sulla Direzione generale per la salute della Regione, in relazione alla situazione vissuta dai detenuti nel carcere di via Cavour dove, raccontava Di Giacomo, ci sarebbe stata una violenta protesta. Il tutto, per il sindacalista, imputabile a una carenza di perosnale medico. “Da 18 mesi – spiegava infatti – manca lo psichiatra, figura importante per una struttura penitenziaria. I medici del Sert – aveva proseguito Di Giacomo – vanno tre volte al mese per un’ora, il dentista ogni quindici giorni, il cardiologo un’ora a settimana”. Una situazione per la quale il segretario del sindacato sta valutando se presentare un esposto in Procura, su una questione “sintomo dello sfascio della sanità regionale”.

Intanto, oggi, nello stesso giorno in cui Di Giacomo ha presentato l’esposto in Procura per i sei agenti penitenziari inviati in missione nella carceri di Sulmona e Lanciano a tuonare sulle dichiarazioni del sindacalista sono stati i presidenti delle associazioni degli utenti “Liberamente insieme” e della Promozione della Salute Mentale “Promosan”, che hanno definito l’intervento di Di Giacomo “volgare” perché associa in maniera arbitraria e, senza tra l’altro alcun dato che lo confermi, la parola violenza alla malattia mentale.

“Noi riteniamo e lottiamo – fanno sapere dalle associazioni in questione – affinché siano separati sul piano culturale e procedurale le persone affette da Disturbo Mentale Grave che non superano le due unità ogni 100 detenuti di pertinenza della psichiatria, dalle persone psicopatiche o antisociali il cui comportamento violento dipende dalla persona e non dalla malattia mentale. Infatti, storicamente, il percorso di quest’ultimi è stato sempre estraneo al circuito della psichiatria proprio per l’inefficacia terapeutica. Forse il carcere dovrebbe dotarsi di personale psicologico altamente qualificato per migliorare le relazioni dei detenuti, ma anche per attività didattica e culturale per alcuni sindacalisti”.

Ancora i presidenti parlano di “dichiarazioni strumentali che feriscono coloro che il problema della malattia mentale, quella vera, quella che necessita degli psichiatri la vivono quotidianamente a casa”.

 

Redazione

CBlive

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