Cronaca

Detenuto si toglie la vita nel carcere di Campobasso: è il 38° caso del 2025 negli Istituti di pena italiani

Ancora una tragedia nelle carceri italiane. Un uomo di circa 60 anni, detenuto nel carcere di Campobasso, si è tolto la vita nelle prime ore del mattino del 12 giugno. A trovarlo nella sua cella è stato il personale penitenziario. Secondo quanto riferito da Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria (S.PP.), l’uomo, originario della Campania, soffriva di una grave depressione dovuta alla recente morte della madre e alla mancanza di contatti significativi con i familiari.

Con questa nuova vittima salgono a 38 i suicidi avvenuti nelle carceri italiane dall’inizio del 2025.

Un bilancio drammatico che fa seguito a una giornata nera per il sistema penitenziario: nelle stesse 24 ore sono stati registrati altri due decessi, uno nell’articolazione psichiatrica del carcere di Santa Maria Capua Vetere e un altro a Sassari, probabilmente legato a un’overdose.

A intervenire su quanto accaduto anche Vincenzo Boncristiano, rappresentante dell’associazione Antigone – per i diritti e le garanzie nel sistema penale –  in Molise,  che ha rilasciato una dura dichiarazione: “Ancora una volta piangiamo un cittadino che si toglie la vita in carcere. Sono stati 91 nel 2024, e nel 2025 abbiamo già raggiunto i trenta casi. È una situazione indegna di un paese civile, che dovrebbe far vergognare tutti noi, soprattutto il governo nazionale.”

Boncristiano richiama l’attenzione sull’ultimo rapporto di Antigone, intitolato “Senza respiro”, in cui si evidenziano le condizioni disumane in cui versano molti istituti penitenziari: “Abbiamo constatato con i nostri occhi cosa significa un sistema penitenziario in profonda crisi d’identità: corpi ammassati in celle chiuse, spazi inadeguati, tensione alle stelle, sofferenza generalizzata, condizioni igienico-sanitarie inaccettabili, educatori stanchi, agenti penitenziari in difficoltà, direttori provati, medici preoccupati e volontari a malapena tollerati. I progetti educativi, sociali e lavorativi sono spesso abbandonati su binari morti.”

L’associazione chiede un cambio di rotta radicale, sottolineando che costruire nuove carceri non è la soluzione, né lo è l’introduzione di nuovi reati, come quelli previsti dal recente decreto sicurezza.

“Con un sovraffollamento al 121%, servirebbero 52 nuove strutture e oltre un miliardo e 300 milioni di euro, più nuovo personale. Ma questa non è la strada – insiste Boncristiano –. Serve un sistema penale non carcerocentrico, che rispetti l’articolo 27 della Costituzione. Solo misure alternative alla detenzione e trattamenti rispettosi della dignità umana possono abbattere davvero la recidiva.”

La morte di questo detenuto rappresenta non solo una tragedia personale, ma anche un sintomo grave di un sistema che ha smesso di assolvere alla sua funzione rieducativa.

Redazione

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