Campobasso e la politica ferma sul limbo delle intenzioni: Tramontano (Lega), Bozza (Popolari) e De Iasio (Civici) stampella del governo Forte

In una giornata politica densa di tensione e simbolismo, mentre al TAR si discute il ricorso elettorale presentato dal centrodestra, a Palazzo San Giorgio va in scena un Consiglio comunale che conferma la profonda instabilità e frammentazione dell’attuale quadro politico locale.
Nonostante l’opposizione dichiarata all’amministrazione guidata da Maria Luisa Forte, due esponenti del centrodestra — Alberto Tramontano (Lega) e Pina Bozza (Popolari per l’Italia) — hanno espresso voto favorevole all’assestamento di Bilancio, motivando così la loro scelta: “Siamo stati determinanti per il lavoro sulla città e per questo assestamento di Bilancio”. Una posizione che segna l’ennesima frattura all’interno della coalizione e che sembra indebolire ulteriormente la compattezza dell’opposizione.
A rimanere fedeli a una linea netta solo i tre consiglieri di Fratelli d’Italia — Pilone, Annuario e Di Claudio — unici ad esprimere un “no” secco al documento contabile. Un rifiuto che si accompagna all’ennesimo richiamo alla mozione di sfiducia nei confronti della sindaca Forte, considerata da molti un tabù più che uno strumento politico reale.
Frammentato e in crisi anche il cosiddetto “cantiere civico”, travolto dalle dimissioni, Fraracci e Marcheggiani, tornati sì in giunta, ma non più sotto l’ombrello civico.
Unico presente tra i civici durante il voto, il consigliere De Iasio, non solo vota a favore del bilancio, ma lancia un chiaro segnale alla sindaca Forte: “Troviamo presto intese su un programma politico”, aprendo di fatto a una possibile futura collocazione organica in maggioranza.
Quello che si delinea è un vero e proprio teatro dell’assurdo, dove il ricorso al TAR — che in molti nel centrodestra avrebbero voluto vedere ritirato — diventa lo sfondo paradossale di una politica fatta di ambiguità, sorrisi forzati, alleanze incerte e opposizioni a metà.
Dal centrodestra arriva il monito: “La Forte non ha i numeri per governare”. Ma è un grido che si perde nei numeri mancanti — non solo per mandarla a casa, ma anche per fare vera opposizione. La mozione di sfiducia resta evocata più che perseguita, simbolo di un’opposizione che, più che combattere, sembra osservare, incerta sul da farsi.
A Palazzo San Giorgio, insomma, tutto si muove ma nulla cambia davvero. E la città resta spettatrice di una politica ferma sul limbo delle intenzioni.















