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Le vie del capoluogo diventano multiculturali. Il Corpus Domini visto dagli ambulanti: speranza e rischio le motivazioni di chi investe ancora nella fiera

20150606_101638CRISTINA SALVATORE

Bancarelle colorate, ambulanti di ogni nazionalità e paese, odori che richiamano le tradizioni culinarie tipiche della regione, che si vanno a unire a quelle di luoghi lontani grazie alla numerosa presenza di commercianti provenienti dal Senegal, Bangladesh, Nigeria, Tunisia, India e Marocco, confermano che siamo nel pieno della festa del Corpus Domini. Tutti insieme, vicini di stand, questa gente itinerante sta rendendo le vie del centro di Campobasso l’ombelico di un unico mondo.

Strade chiuse al traffico, famiglie e comitive che si fanno strada tra la folla per cercare di fare qualche acquisto conveniente, per assaggiare e portare a casa prodotti tipici o, semplicemente, per immergersi in un clima di festa che ormai è una delle tradizioni più colorate e conosciute del Molise.

Questo è quello che appare agli occhi di osserva il Corpus Domini dall’esterno, come semplice spettatore o acquirente, come passante o cliente, ma bisognerebbe provare a guardare questa festa mettendosi dalla parte di chi macina centinaia di chilometri per occupare un posto tra le vie della città e montare la sua bancarella. Di chi dorme in macchina o nel furgone per restare accanto alla merce che espone e vigilare affinché tutto fili liscio. Caricare, partire, scaricare, assemblare e poi sperare che la fatica affrontata porti anche qualche entrata nelle tasche di chi cerca di combattere la crisi, non perdendo mai la speranza.

Qualcuno si lascia andare a quattro chiacchiere, a qualche commento, qualcun altro preferisce di no quando capisce che chi si avvicina ha solo voglia di alcune informazione, ma tutti sembrano almeno sollevati dalla mancata richiesta di uno sconto, in un periodo in cui la crisi si fa sentire anche tra gli ambulanti.

È Enzo, un giovane napoletano a raccontare di come per uno stand di sei metri per tre, ha pagato 260 euro per tre giornate, più 36 euro di tassa sull’immondizia e marche da bollo. “Gli affari non vanno – dice – la gente passa, si ferma, ma non compra”. Un’affermazione che fa subito intuire come alla fine della giornata il guadagno non sia riuscito a coprire almeno le spese iniziali. “Purtroppo no”, dice infatti il giovane ambulante che subito dopo ci tiene a far capire a chi gli è di fronte il perché ha comunque scelto di essere presente nel capoluogo per il Corpus Domini.Tra il non vendere, il non partire neanche e sperare di poter guadagnare qualcosa, per assicurare almeno un pasto alla mia famiglia, io ho scelto di rischiare. Vada come vada posso dire di averci provato”.

Enzo non è il solo a pensarla così. Più avanti altri commercianti di diverse nazionalità fanno la medesima riflessione. Tra i costi da sostenere e i mancati guadagni, le tre giornate di fiera non sono affatto facili, eppure loro sono lì che ci provano e ci sperano.

Un settore che sembra, invece, andar meglio e che ha accusato meno le conseguenze della crisi è quello legato ristorazione. Marta e Giovanni, due giovani sposi di Fasano (Puglia), ad esempio, hanno un chiosco di prodotti tipici: formaggi, pane e salumi, patatine e pizze. Sono giovani e molto credenti, amano il Corpus Domini campobassano e ogni anno sono presenti.

Giovanni poi, con molta ironia, confida come, secondo il suo modo di vedere le cose, il segreto del successo nella vendita di prodotti alimentari è legato a un vecchio detto delle sue parti :“Un buon modo per buttarsi alle spalle i problemi è… mangiarci su”. E chissà che Giovanni non abbia ragione, in fondo a tavola tutto il mondo è paese.

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