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Giuseppina D’Amico, una molisana a Gulu (Uganda) per aiutare le donne, private dei diritti, vittime di violenze e discriminazioni, a ritrovare la dignità ed essere reinserite nella società

La molisana Giuseppina D'Amico
La molisana Giuseppina D’Amico

GIUSEPPE FORMATO

È molisana di Monacilioni, dove torna appena può “per respirare l’aria di casa e trascorrere qualche giorno con i miei genitori, i miei familiari e le persone con le quali sono cresciuta”, ma da qualche tempo vive a Gulu, in Uganda, dove svolge un importante compito per le donne del posto. Lei si chiama Giuseppina D’Amico ed è un’antropologa. È una cooperante di ‘Good Samaritan’ a Gulu per la cooperativa Wawoto Kacel.

Giuseppina è impegnata in un’opera di tutto rispetto: è la responsabile di un progetto che mira al recupero sociale delle donne martoriate dalla guerra, dalle violenze e dalle discriminazioni.

In un articolo di qualche tempo fa, dal titolo ‘Un briciolo di speranza’, la molisana D’Amico scriveva: “Ho l’abitudine di fermarmi a guardare le donne che vanno via e si perdono nella luce calda del pomeriggio. Le osservo mentre si allontanano a gruppetti, alcune a piedi, altre in bicicletta, altre in carrozzella. Vanno a casa. Tornano ai loro problemi, alle loro difficoltà, alle loro fatiche quotidiane. Di queste donne conosco i volti, conosco i sorrisi, conosco gli sguardi che raccontano senza parole. Conosco l’amore e la passione per il lavoro. Vedo la forza, il coraggio, la pazienza, la dedizione, la determinazione. Con queste donne condivido un pezzo di strada e una speranza. La speranza che il lavoro possa restituire la dignità alle loro vite”.

La molisana Giuseppina D'Amico con il gruppo di lavoro a Gulu
La molisana Giuseppina D’Amico con il gruppo di lavoro a Gulu

È racchiusa tutta qui la vita di Giuseppina D’Amico, che guida le donne ugandesi verso quel cammino che mira a restituire ad esse la libertà e la dignità di essere donne.

Una scelta coraggiosa, la sua. Lasciare gli affetti, salire su un aereo per trasferirsi in prossimità dell’equatore. Per cosa? Per guidare le donne di Gulu al pieno possesso della propria vita, trasportandole prima mano nella mano, per mirare alla loro piena indipendenza.

Le donne, all’interno del villaggio cui si muove la cooperativa, realizzano bomboniere e oggettistica artigianale, realizzate con materie prime locali, rivenduta da un negozio del posto e, più in generale, in tutto il mondo.

Sei i settori produttivi cui vengono impiegate le donne, 120 le donne che trovano riscatto tramite il lavoro e un luogo terapeutico di sostegno psicologico e spirituale. Questi i numeri di un progetto che va oltre il più semplicistico risvolto numerico.

Di fronte a Giuseppina ci sono donne che si rivolgono alla Wawoto Kacel, al fine di ritrovare le proprie vite.

I risultati raggiunti dal gruppo di lavoro della molisana D’Amico sono importanti e, come afferma la trentatreenne di Monacilioni, nella chiacchierata tra due compagni di classe del Liceo Scientifico ‘Romita’ di Campobasso: “Il vero senso del progetto inizia quando le donne si incamminano verso casa, perché lo scopo è quello di reintrodurle nella società ugandese. Lavoriamo affinché, una volta trovata la giusta forza, col lavoro e col supporto psicologico, possano farcela da sole, tornando dalle proprie famiglie, garantendo ai propri congiunti l’apporto economico, frutto del lavoro e offrendo ai figli, grazie all’istruzione, un futuro migliore. Quando noi diventiamo superflui per loro, vuol dire che abbiamo vinto la nostra battaglia”.

“Le donne – spiega Giuseppina D’Amico in una chiacchierata in Piazza Municipio a Campobasso – devono vincere un retroterra culturale, che le ha viste subire per tanti decenni discriminazioni in ambito sanitario, lavorativo, giudiziario ed educativo. Abusi e violazioni dei diritti umani hanno caratterizzato  il loro vissuto. Il nostro obiettivo è quello di dar loro fiducia in se stesse, renderle utili alla società col lavoro e scopo finale quello di un loro effettivo reinserimento nella vita socio-economico-familiare. Il lavoro e l’istruzione rendono liberi e noi da qui partiamo”.

A Giuseppina non mancano l’Italia, il Molise, i parenti e gli amici? “Sono migliaia i chilometri che mi dividono dai miei affetti, ma se io riesco a lavorare bene lo devo, soprattutto, a chi mi vuole bene, che mi supporta in questo mio particolare lavoro. Anche quando torno in Italia, mi dispiace lasciare Gulu e gli ugandesi, che hanno dimostrato, sin da subito, di essere un popolo altruista. Per il resto, penso sempre all’Italia e a chi mi vuole bene. Sono la mia spinta a fare sempre meglio”.

Redazione

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