‘Il cappello di ferro’, al via la prevendita dei biglietti per lo spettacolo del 19 maggio

Grande-GuerraCon lo spettacolo ‘Il cappello di ferro’ in programma martedì 19 maggio si conclude la fortunata stagione organizzata e promossa dalla Fondazione Molise Cultura, grazie al contributo della Banca Popolare dell’Emilia Romagna. La prevendita dei biglietti prende il via da oggi, lunedì 11 maggio alle 16, presso il botteghino del teatro, in piazza Pepe a Campobasso.

Oltre trentamila le presenze registrate nell’ultimo anno da parte dello storico teatro del capoluogo, una stagione che ha visto sold out tutti gli spettacoli in programma e che chiude con una propria produzione portata in scena dalla Compagnia Stabile del Molise.

Lo spettacolo, che ha già esordito per il pubblico scolastico, in occasione del centenario dell’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, nasce da un’idea di Sandro Arco, tratto da ‘Un soldato contadino – lettere dal fronte 1915/1917’ di Anna Falcone.

Attraverso la narrazione di 25 di queste 150 lettere scritte dal fronte sarà ripercorsa la vicenda di Giuseppe Serpone, uno dei tanti giovani molisani che combatterono e morirono durante la prima guerra mondiale. Nella storia personale di questo contadino molisano poco più che ventenne, la dignità e il senso di un dovere non effimero o semplicemente dimostrativo, cozzano fortemente con il pressapochismo degli alti ufficiali di quell’esercito italiano, spesso pronti a sacrificare, come sempre, i più poveri per ottenere risibili vantaggi in termini territoriali. Le parole mai fuori luogo che il soldato Serpone metteva faticosamente insieme e che spediva con una regolarità impressionante, tenuto conto del contesto da trincea nel quale visse per anni, furono il ponte immaginario e per questo intoccabile, che lui, ogni sera, attraversava per giungere nuovamente a casa, da quella moglie che dovette lasciare poco dopo aver sposato, da quel padre a cui confidava le paure più grandi e le tragedie che viveva e che, alla moglie e agli altri, voleva risparmiare anche solo di citare, come se il solo non nominarle, anche da così lontano, potesse evitare di farle giungere, con tutto il loro fragore inumano e irragionevole, nella terra che aveva dovuto abbandonare e che non poté più rivedere. Infatti, Giuseppe Serpone, morì nell’alta Valle dell’Isonzo, in una mattina di giugno, colpito alla testa da un cecchino. La sera prima, però, era riuscito, comunque, a dimostrare a sua moglie che era ancora il suo amato marito, scrivendole un’ultima, immancabile, lettera.

 

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