Ordine dei Giornalisti, il consigliere nazionale Cimino spiega la normativa sulla revisione degli elenchi professionali

vincenzo ciminominoIl consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Vincenzo Cimino, torna sulla polemica interna all’ordine di categoria, rispondendo a quanto affermato dai giornalisti Pina Petta, Enzo Luongo e Giovanni Di Tota, in merito alla revisione degli elenchi, “che hanno capito ben poco – scrive Ciminosu quanto abbia approvato il Cnog con il mio voto, e su di una sottoscrizione firmata da tutta la delegazione molisana, scrivendo una nota che è esattamente il contrario su quanto sia successo a Roma. Nel corso della seduta, se i colleghi vogliono, c’è anche l’intervento (volete l’audio?) del collega Eremita a difesa dei piccoli Ordini e del Molise. Come potrete notare, i colleghi hanno prestato forse poca attenzione, interpretando all’opposto quanto deliberato: avrebbero potuto evitare tutto questo con una sola telefonata. Gli rispondo e faccio chiarezza a tutti riprendendo una nota al riguardo del presidente dell’Ordine nazionale Enzo Iacopino, pubblicata sul sito, che fa chiarezza e dimostra l’ingenuità in cui qualcuno sia caduto. In ultimo ribadisco che le delibere del Cnog sono linee guida che possono anche non essere recepite dagli Ordini regionali, i quali mantengono piena autonomia decisionale.

Il Consiglio nazionale, nell’ultima seduta, non ha chiesto di bloccare le revisioni per “inattività” che possono riguardare solo quanti hanno meno di 15 anni di iscrizione. Tantomeno per “spregiudicati e strumentali” problemi di cassa che sono stati, invece, rappresentati da non pochi Ordini regionali e illustrati come preoccupazione di alcuni in occasione dell’ultima Consulta dei presidenti e dei vice presidenti.

Il CNOG, con una netta maggioranza, ha deciso di essere coerente con quanto tutti i vertici – nazionale e regionali – affermano in occasione di assemblee alle quali partecipano migliaia di colleghi sfruttati. Non solo quelli che vengono pagati pochi euro. Non soltanto quanti, facendo un lavoro giornalistico, si vedono versati i contributi, non per loro scelta,  ad altri enti di previdenza, e non all’Inpgi come si vorrebbe fosse. Anche questi colleghi, in base ad altri documenti di una certa area professionale, andrebbero cancellati dall’Ordine: programmisti registi, assistenti ai programmi, partite Iva di varia natura e prestazione, webmaster di ogni latitudine, quanti hanno contratti da metalmeccanico in certi siti. Su questi, a difesa di questi, a rompere il silenzio è sistematicamente  solo il Consiglio nazionale.

Il Cnog si è preoccupato, nell’approvare quella delibera, di quei giornalisti che sono costretti, con il richiamo questo sì strumentale alla crisi del settore, ad accettare di continuare a collaborare perfino senza retribuzione per alimentare la speranza di una opportunità futura. Il Consiglio nazionale non condivide questo “volontariato” di necessità perché danneggia non solo  i diretti interessati, ma anche tutti gli altri colleghi.

La scelta del Cnog è stata quella di farsi carico dei problemi di questi colleghi. Non annullando l’obbligo delle revisioni, ma offrendo loro per un periodo limitato al massimo a due anni la possibilità di integrare la documentazione richiesta dalla legge.

Questa scelta è stata fatta in maniera pubblica. Trasparente. Consapevoli del rischio delle polemiche, moltiplicate dal fatto che alcuni si sentono già in campagna elettorale per il rinnovo degli organismi della categoria e si illudono, così, di trarne un vantaggio, alimentando una guerra tra ultimi. La decisione del Cnog, che segue una precedente delibera, è consultabile sul sito. Chiunque può leggere i due atti e fare legittime valutazioni. Quel che i colleghi, invece, non conoscono, perché questi elementi non sono pubblicati in alcun sito, è come quegli Ordini regionali (non il Molise) intendono il rispetto delle norme che “obbligano a procedere alla revisione degli elenchi almeno una volta l’anno”. Così scrivono.

Come agiscono? Presto detto, non con le insinuazioni, le manipolazioni, le strumentalizzazione. Ma con gli elementi noti in tema di revisione.

Il Lazio ha fatto l’ultima revisione circa 4 anni fa e per di più sorteggiando delle lettere; La Liguria l’ha fatta oltre tre anni fa; la Lombardia, un vero record, dieci anni fa; le Marche la fanno annualmente, con una procedura di preselezioni affidata alle certificazioni dei singoli membri del Consiglio (41 su 98 i pubblicisti cancellati nel biennio, e 4 su 16 i professionisti trasferiti di elenco); la Puglia ne ha avviata una massiccia nel 2014; la Sardegna circa 4 anni fa; la Sicilia la fa annualmente (nel 2014 sono stati cancellati 57 pubblicisti sui 355 sottoposti a revisioni e 10 dei 92 professionisti sono stati trasferiti tra i pubblicisti per mancanza dell’esclusività);  la Toscana l’ha fatta circa 4 anni fa; la Valle d’Aosta non la fa da circa sei anni.

Questi dati – conclude Vincenzo Cimino – incontestabili, consentono di trarre una morale: non si può chiedere pubblicamente comprensione e collaborazione per gli ultimi tra gli ultimi. Ma si può “violare la legge”: basta che non si sappia”.

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