I reati commessi dagli intermediari creditizi: l’appropriazione indebita

L'avvocato Luigi Iosa
L’avvocato Luigi Iosa

A cura dell’avvocato Luigi Iosa

L’appropriazione indebita, da parte della Banca, di somme da essa ricevute, anche nel corso di più anni, dai correntisti e/o dai mutuatari, si consuma, coincidendo con l’interversione del possesso, all’atto in cui, dovendo la stessa – su espressa richiesta della clientela – provvedere alla restituzione degli interessi indebitamente percepiti, trattenga per sé le dette somme, defalcandole da quelle che, secondo le risultanze contabili, avrebbe dovuto restituire alla controparte contrattuale.

Questo avviene perché nel nostro ordinamento giuridico è punita solo l’appropriazione indebita “definitiva” e non quella “provvisoria”.

Pertanto, il reato ipotizzato, disciplinato dall’articolo 646 c.p., si consuma quando la Banca pone in essere un atto irreversibile ossia oggettivamente incompatibile con il diritto di proprietà del suo utente. Infatti, la Suprema Corte di Cassazione, in una recente pronuncia (Cass. Pen, Sez. II, 29.04.2014 n. 17901) ha cercato di risolvere il conflitto tra due opposte teorie, aventi ad oggetto il momento consumativo del delitto previsto e punito dall’art. 646 c.p.: un primo orientamento reputa che l’evento del reato si realizzi nel luogo e nel tempo in cui la manifestazione della volontà dell’agente di fare proprio il bene posseduto giunge a conoscenza della persona offesa, e non nel tempo e nel luogo in cui si compie l’azione (in questo senso Cass. Pen. Sez. II, 01-12-2004, n. 48438 secondo cui «in tema di appropriazione indebita l’evento del reato si realizza nel luogo e nel tempo in cui la manifestazione della volontà dell’agente di fare proprio il bene posseduto giunge a conoscenza della persona offesa, e non nel tempo e nel luogo in cui si compie l’azione»).

Un secondo orientamento in base al quale il reato di appropriazione indebita sarebbe un reato a consumazione immediata che si verifica nel momento (e nel luogo) in cui l’agente tiene consapevolmente un comportamento oggettivamente eccedente la sfera delle facoltà ricomprese nel titolo del suo possesso ed incompatibile con il diritto del proprietario (Cass. Pen. Sez. II, 08-02-2013, n. 22127 secondo cui «il delitto di appropriazione indebita si consuma dal momento in cui il possessore ha compiuto un atto di dominio sulla “res”, così manifestando l’intenzione di tenerla come propria» nonché Cass. Pen. Sez. II, 17-05-2013, n. 29451 secondo cui «il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa e, cioè nel momento in cui l’agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria». I giudici della Seconda Sezione Penale per il momento hanno aderito a quest’ultima tesi traendone la conseguenza che, ai fini dell’individuazione del momento consumativo, risulterà del tutto irrilevante la conoscenza che ne abbia la parte offesa. Tale elemento, semmai, verrà in rilievo ai fini del diverso problema della decorrenza del termine per proporre la querela ai sensi dell’art. 124 c.p. che richiama espressamente il «giorno della notizia del fatto che costituisce il reato».

Questo, in conclusione, il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione: «il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa e cioè nel momento in cui l’agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria. Di conseguenza, ai fini della consumazione del reato e della decorrenza del termine previsto per la prescrizione, è irrilevante il momento in cui la persona offesa venga a conoscenza della manifestazione di volontà dell’agente di appropriarsi della cosa, elemento questo che, invece, rileva al diverso fine della decorrenza del termine per la proposizione della querela».

Questa soluzione prospettata potrebbe consentire la punizione in sede penale degli intermediari bancari e finanziari allorquando sia difficile provare la sussistenza di altri reati, quali l’usura bancaria, l’estorsione e la truffa.

Redazione

CBlive

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