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La quinta era: il vaccino ad mRNA

La quinta era: il vaccino ad mRNA

Nel dicembre del 2020, sulla base di due importanti studi, la Food and Drug Administration (FDA) per la prima volta ha autorizzato l’utilizzo di due vaccini ad mRNA per la prevenzione del Covid-19. Questa classe di vaccini non contiene proteine virali, ma utilizza mRNA, DNA o vettori virali per fornire istruzioni alle cellule su come produrre queste proteine. Si tratta di un passo incredibile nella lunga e complessa storia della vaccinologia, e vogliamo ripercorrerla in modo che sia più chiaro il grande traguardo cui, visti i recenti studi, siamo prossimi.

La prima tappa: il vaccino contro il vaiolo

Il primo importante evento di questa storia incredibile risale al 1796. Edward Jenner, un medico inglese, scopriva allora che il virus del vaiolo animale era in grado di proteggere l’uomo dalla malattia causata dal virus umano. Il vaccino, comprese Jenner, poteva prevenire le malattie infettive. 

La seconda tappa: il vaccino contro la rabbia

Il secondo grande passo sarebbe stato compiuto circa un secolo dopo, nel 1885, dal chimico Louis Pasteur. Sulla scorta di Jenner, egli giunse alla conclusione che anche il virus rabbico animale funzionava come vaccino. Inoculando del materiale virulento animale, si poteva, dunque, immunizzare l’uomo dalla malattia. Attraverso una serie di esperimenti, egli osservò che il midollo spinale dei conigli malati, se essiccato per quindici giorni, non era più infetto. Fu proprio iniettando un’emulsione questo midollo essiccato che lo scienziato salvò la vita a un bambino di nove anni affetto da rabbia a causa del morso di un cane.

Furono diversi e notevoli, durante il ventesimo secolo, i tentativi improntati su questo principio. Sull’esempio di Pasteur, Thomas Francis sviluppò, nei primi anni ’40, un vaccino antinfluenzale. Succesivamente, a metà degli anni ’50, Jonas Salk ne sviluppò uno antipolio; e infine, nel 1991, Philip Provost e Maurice Hilleman ne crearono uno contro l’epatite A.

La terza tappa: il vaccino a ceppo virale attenuato

Un terzo fondamentale traguardo si lega, in questa storia, alla scoperta di Max Theiler. Nel 1937, il medico riuscì ad ottenere un ceppo attenuato di febbre gialla passandolo negli embrioni dei ratti e dei polli. Attraverso una serie di alterazioni genetiche, egli produsse un siero da un virus indebolito, ma ancora in grado di scatenare una reazione immunitaria. E fu per questa sensazionale scoperta che nel 1951 ottenne il Premio Nobel per la Medicina.

Derivazioni del vaccino di Theiler sono proliferate in modo significativo da quel momento in poi, e soprattutto grazie agli strumenti di alta tecnologia di cui si è potuto disporre a un certo punto. Nei primi anni 60, per esempio, Albert Sabin, che aveva studiato proprio nel laboratorio di Theiler a New York, creò un vaccino antipolio usando un metodo simile. Con una serie di passaggi attraverso i reni delle scimmie e le loro cellule testicolari, riuscì ad indebolire il virus che causa la malattia. Da quel momento tanti altri vaccini a virus attenuati furono sviluppati: contro il morbillo (1963), la parotite (1967), la rosolia (1969), la varicella (1995) e il rotavirus (2008).

La quarta tappa: la tecnologia del DNA ricombinante

Al 1980 risale il quarto momento di questa lunga storia. Fu quello l’anno in cui due biochimici di Stanford, Richard Mulligan e Paul Berg, pubblicarono l’incredibile risultato di alcuni loro esperimenti: le ghiandole mammarie delle scimmie avevano preso a produrre una proteina batterica dopo che nelle loro cellule renali i medici avevano trasferito il virus Escherichia Coli. Fu a questo punto che nacque quella che oggi chiamiamo “tecnologia del DNA ricombinante”. Da quel momento, sono giunti a noi numerosi vaccini di questo tipo: i vaccini contro l’epatite B (1986), il papillomavirus umano (2006) e l’influenza contengono tutti proteine di superficie purificate dal virus.

La quinta tappa: il vaccino ad mRNA

Oggi il mondo si trova a gestire una pandemia devastante, la più devastante dopo quella di influenza spagnola che nel 1918 uccise circa cinquanta milioni di persone: il COVID-19. I vaccini rappresentano un elemento imprescindibile di questo processo complesso e più di 180 istituti di ricerca e 100 aziende nel mondo si adoperano per trovarne uno che sia in grado di innescare una buona risposta immunitaria.

Ciò che rileva osservare è che, con le recenti autorizzazioni a studiare e utilizzare vaccini ad mRNA, siamo entrati, intanto, nella quinta era della vaccinologia: quella del vaccino ad mRNA. Un vaccino di questo tipo fornisce all’organismo informazioni sul virus permettendogli così di produrre proteine virali. Queste ultime, riconosciute poi come estranee, inducono per questo una reazione immunitaria che impedisce l’insorgere della malattia.

Uno sguardo al futuro

La pandemia di SARS-CoV-2 sarà il momento adatto per capire se queste nuove possibilità della scienza potranno garantirci vaccini più sicuri, efficaci e veloci rispetto ai tradizionali. Se la ricerca ci riuscirà, toccherà un traguardo veramente rivoluzionario. Il passo successivo sarà, però, trovare un modo per distribuire questi vaccini in modo equo. La scienza non avanza davvero se non riguarda tutti allo stesso modo.

Redazione CBlive

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