Città

C’era una volta Campobasso…

Campobasso vista dal Castello Monforte
Campobasso vista dal Castello Monforte

MASSIMO DALLA TORRE

Abbiamo voluto iniziare questa chiacchierata virtuale con le classiche parole di inizio delle favole, anche se qui di fiabesco c’è poco, anzi nulla. Una non favola in cui ricordare Campobasso città giardino, anche se quelli che hanno portato il capoluogo di regione al degrado respinge le accuse perché motiva che la città è al passo con il progresso e con tutto quello che sono i canoni della modernità e soprattutto della funzionalità invece, non è così.

Prendiamo spunto nuovamente, per fare qualche considerazione, dalla potatura selvaggia della sequoia che troneggia come un totem indiano in piazza Cesare Battisti. Vittima sacrificale di deturpazione del verde che ha permesso per lungo tempo di poter avere un privilegio che altre realtà non hanno: vivere la città passeggiando e respirando senza aver alcun problema; questo era Campobasso realtà a dimensione d’uomo.

Potremo fermarci qui e cedere i commenti a chi passa vicino a quello che è il risultato dell’incuria cui aggiungiamo senza alcun timore di smentita altre distonie quali: strade dissestate, non fruibilità dei passaggi pedonali,  mancanza di parcheggi liberi, macchine in doppia se non in terza fila, quartieri nuovi e vecchi non più sicuri e in degrado continuo relegati a semplici dormitori che aumentano la confusione e il caos specialmente nelle ore di punta.

Questo è Campobasso, anche se quando si arriva in città dalla periferia, il colpo d’occhio permette di spaziare a 360 gradi e l’immagine che si presenta, è quella di una realtà all’avanguardia in continua espansione e al passo con i tempi. Cose che svaniscono appena ci si addentra nel cuore cittadino in cui il caos stordisce, avvolge, tanto da desiderare di scappare via il più presto possibile; ecco perché non ci sono parole adatte per descrivere lo sconcerto che si prova. Invece no, vogliamo capire se ci sono colpe e di chi sono; anche se sappiano in partenza che non avremo risposte.

Troppe volte abbiamo testimoniato il continuo degrado. Troppe volte ci siamo dovuto arrendere all’evidenza. Un qualcosa che rimarca, qualora necessitasse come il lassismo e la non curanza si sono impossessati di Campobasso che, ha assunto l’aspetto, di un “clochar”.

Uno di quei poveri che s’incontrano agli angoli delle strade in attesa di elemosina che purtroppo sono poca cosa per far ritornare lo splendore di un tempo. Una città che, anche se era unitamente alla Sardegna e altri piccoli centri della Calabria e della Lucania luogo di punizione, bastava viverla così com’è perché ti entrava dentro con il garbo di chi sa di non avere nulla da offrire se non se stessa.

Una città che non esiste più se non in rare fotografie ingiallite dal tempo, che la rete rinvigorisce grazie ad alcuni appassionati dell’amarcord locale,  che, purtroppo visto i risultati alquanto disarmanti, è meglio affidare ai ricordi con la speranza quello che è stato torni ad essere reale e non una cosa di cui bisogna vergognarsi.

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