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Colletorto, la laurea in medicina di Vincenzo Rossi del 1701 rilancia la gloriosa storia di un angolo del borgo

di Luigi Pizzuto

Siamo a Colletorto in provincia di Campobasso. Un piccolo paese di circa milleseicento abitanti. “Veritas filia temporis est”. E’ proprio il caso di dire. Questa espressione latina sintetizza brillantemente quanto di nuovo viene fuori in merito allo sviluppo della storia dell’antico agglomerato.  Sulla scorta delle più recenti documentazioni infatti si può affermare che nel “Borgo  degli Angioini”sicuramente la storia non è avara. Anzi riserva delle sorprese inaspettate. Squisitamente culturali.

E’ di recente la notizia di questa fonte d’archivio che certamente ha una importanza di rilievo per la storia di Colletorto e dello stesso Regno di Napoli.  Grazie alla dottoressa Paola Rossi, che esercita la propria professione a Roma, dai cassetti della memoria viene fuori un documento di laurea in medicina preziosissimo. Appartenente ad un suo antenato. Risalente al 1701. Si tratta di una copia fedele all’originale. Colpisce nel suo stile espressivo. Non sappiamo che fine abbia fatto l’originale. Chissà forse è ancora conservato da qualche parte.

Con orgoglio e un attaccamento particolare giustamente ci viene mostrata questa magnifica copia   di laurea dell’Università di Napoli. Va detto che, unitamente alle altre fonti materiali rinvenute recentemente a seguito della ricostruzione post sisma, il suo contenuto chiarisce non poche cose su un angolo del borgo, noto a tutti col nome Campo di Fiori. Il documento è scritto a mano con i caratteri dell’epoca. La formula  di rito è  in lingua latina. L’intestazione  campeggia a caratteri maiuscoli: “MARIN(US) FRAN(CISCUS) MARIA CARACCIOL(US) ARCELLA  Abellinatum Princeps, Dux Atripald(ae), Marchio Status S(anc)ti Severini, Comes Galerat(ae) (…) UNIVERSIS Singulis Mundi Praelatis, Principb(us), D(omi)nis Communitatib(us) universi(que) cunc(ep)tis, singulis quibus cumq(ue), hoc publicu(m) Doctoratus privilegiu(m) inspecturis Majorib(us) debita(m) reverentia(m) (…) Cum igit(ur) M(agnifi)cus, Peritissimus VINCENTIUS ROSSI Terr(ae) Collistorti Provinc(ae) de Luceria Apulia (…) in Phil(osophia) et in Med(icina) (…) Anticamente il medicus phisicus era colui che conseguiva la laurea in Medicina e Filosofia.

Il titolo del diploma di laurea denota, pertanto, il forte legame tra due discipline oggi completamente diverse. Incarnando così a pieno titolo  lo spirito del vecchio detto latino “Quod optimum medicus sit quoque philosophus”.  Stando al contenuto del documento si rivela un diploma di prestigio. Nell’ultimo rigo c’è la data seguente: Datu(m) Neap(olis) Die 18, m(ensi)s Juny 1701. Regn(an)te FHILIPPO V. Seguono le firme dei personaggi universitari più importanti  dell’epoca. Il documento è senza cornice. In bianco e nero.

Nelle parti essenziali si legge con una certa chiarezza come si vede dalle immagini. Si ringrazia pertanto la dottoressa Paola Rossi che a Roma continua ad esercitare una professione di famiglia radicata in un lontano passato. Si sa che la famiglia Rossi tra il Seicento e il Settecento abitava in un angolo del borgo, a ridosso dell’ultima torre della cinta muraria. Oggi, al suo interno, è possibile vedere timidamente qualche avanzo. In seguito il sistema abitativo di questa famiglia, che vanta nella sua storia la presenza di non pochi medici e farmacisti, si espande fino alle attuali abitazioni  che si affacciano sull’angolo tra Corso Umberto e  Largo Cavour.

Appartenenti in parte a tutt’oggi alla famiglia Rossi. Una di esse, che con lo sguardo spazia sul largo della Fontana Maggiore e sull’intero corso cittadino, è abitata da Paola Rossi, che appena può ritorna con piacere nel borgo degli avi. Per testimoniare un legame gentile verso un luogo del cuore che si perde nella notte dei tempi. Il sussulto è forte. Riecheggia da lontano. Richiama. Si mette in cammino. Rilancia con piacere il culto delle proprie radici.

Redazione

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