Sociale

Domenico Iannacone si racconta al Teatro del Loto. Poesia e giornalismo d’inchiesta nei suoi Dieci Comandamenti

Domenico IannaconeMARIA CRISTINA GIOVANNITTI

In principio era ‘parola’, precisamente poesia e letteratura la sua vera passione. Domenico Iannacone si racconta nel caldo ambiente del Teatro del Loto di Ferrazzano, in un incontro pubblico e con la capacità di ricreare un’atmosfera intima, come se fosse una chiacchierata tra ‘amici’, o meglio tra ‘corregionali’.

Iannacone è figlio del Molise, cresciuto a Petrella del Sannio e tornato per quest’occasione a Ferrazzano, dove ha vissuto per quasi 5 anni. Poi è andato via, come succede a molti giovani, precisamente a Roma e lì ha cominciato collaborando con ‘La Tartaruga’, una rivista letteraria che ha consolidato il suo amore per tutto quello che è poesia: ecco che nei suo lavori giornalistici ogni pausa, ogni sguardo è voluto per rendere poetiche le sue denunce sociali. Si avvicina a uno stile che lui stesso definisce «luziano»  riferendosi al suo poeta preferito, Mario Luzi e recitando ‘a braccio’ ‘Vola alta parola’.

Diventa così ‘giornalismo d’inchiesta’ la sua voglia di raccontare storie spesso anche ‘difficili’ senza perdere mai di vista la sua terra natìa. Sarà infatti il Molise a ‘raccomandarlo’ in Rai con un lungo reportage dal titolo “Grammatica di un terremoto” su San Giuliano di Puglia. Continuerà a parlare del Molise – risultando anche scomodo per alcuni – con “Oro buttato”, denunciando il degrado di Altilia a Sepino e con “Cemento” dove racconta dell’Auditorium di Isernia.

Continua il suo racconto e la sua escalation professionale: Iannacone diventa il giornalista de ‘I dieci Comandamenti’ su Rai3, co-autore del programma Presadiretta e plurivincitore per i suoi reportage giornalistici del premio Ilaria Alpi. Narra la storia della Mivar che è il racconto dell’ultimo giorno di produzione di una fabbrica di televisori, uno spaccato di vita economica e sociale; parla della storia di Edda e Giulio e di come una famiglia comune vive il dramma della disabilità del proprio figlio fino alla storia/denuncia del collaboratore di giustizia, Luigi Bonaventura ex ‘ndranghetista.

Più di due ore in compagnia di Domenico Iannacone, una full immersion nel significato delle sue parole e delle sue denunce giornalistiche e un incontro che si conclude con un termine non casuale: “Amen”, quello che doveva essere il nuovo titolo del suo programma, quello che, invece, nelle denunce del giornalista molisano sta ad indicare  “è così e non può essere altrimenti” in nome della veridicità del giornalismo.

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