Li chiamano ‘anziani’ ma il termine corretto sarebbe, in questo caso specifico, ‘diversamente giovani’. Nel pomeriggio di ieri, domenica 15 maggio, sotto una pioggia battente che non lasciava ben sperare, si è tenuto l’ultimo evento che ha chiuso il programma della seconda edizione de ‘La settimana del buon invecchiamento’, dal tema “La terza età e le ARTI”, indetto dall’assessorato alle Politiche per il Sociale di Campobasso insieme all’Asrem, al Centro Alzheimer e ai Centri Sociali Anziani. Piazzetta Palombo, a Campobasso, si è trasformata in uno speciale e suggestivo ristorante all’aperto grazie alla preziosa partecipazione e collaborazione di cuochi esperti e ‘clienti’ d’eccezione: i migranti del Centro di Accoglienza Temporanea dell’Eden di Campobasso, hanno preparato piatti etnici che sono riusciti a conquistare il palato dei tradizionalisti più scettici, mentre i riflettori erano tutti puntati sui tre cuochi di rara maestria del csa San Giovanni che, in collaborazione con il pastificio “La Molisana”, hanno dimostrato ad amici e curiosi come si “cava” la pasta, come da acqua e farina prende vita uno dei piatti d’onore della tradizione molisana: i cavatelli.
La simpatia e la voglia di stare insieme, tra un impasto e l’altro, sono stati i veri protagonisti dell’evento culinario. Lucia Sibelli, Anna Tacchio e Salvatore Dudiez hanno animato la piazza con la loro abilità, professionalità e irresistibile simpatia.
“Farina, sale e acqua – hanno spiegato alla platea intenta a osservare ogni importantissimo passaggio – e quando la pasta è contenuta, si fa riposare e poi si cava. Quando il cavatello sale su, sono pronti”. Sembra facile a dirsi, ma l’arte di saper impastare, di saper cogliere la consistenza giusta e quella finale di ‘cavare’, non è cosa da poco. E, ancor più rara, è la contagiosa allegria che queste persone, queste biblioteche viventi, riescono a infondere ovunque vadano. Mentre si assiste al lavoro di manualità, le voci si ricorrono, si accavallano, si interrompono per fare posto a battute, ricordi passati e risate fragorose. L’arte di saper prendere ogni giornata di pioggia nel verso giusto, di saper coinvolgere giovani e meno giovani, di volersi riunire con la scusa di ‘insegnare a cucinare’: quella è l’arte più ambita e, no, quella non si impara. La si ha.
lamù