Cronaca

Sergio Micatrotta interrompe presidio e digiuno: due giorni per comprendere e insegnare tanto. La distanza cittadino-politica è abissale, ma è ora che i giovani escano dal torpore

Il pasticciere Sergio Micatrotta
Il pasticciere Sergio Micatrotta

ANDREA VERTOLO

Gianni Rodari nella ‘Grammatica della fantasia’ scriveva: “Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore. Oggetti che se ne stavano ciascuno per conto proprio, nella sua pace o nel suo sonno, sono come richiamati in vita, obbligati a reagire, a entrare in rapporto tra loro”.

Il presidio di Sergio Micatrotta è terminato. Finalmente, il pasticciere coraggioso che sembra uscito da un romanzo di Cervantes, ha ricominciato a bere e a mangiare. Da martedì 23 febbraio, giorno in cui si è appostato sull’aiuola di fronte a Palazzo Moffa, molte cose ha compreso e tante ne ha insegnate.

Ha conosciuto la distanza abissale che separa il cittadino da un consigliere regionale. Ha conosciuto la compassione della gente, il “vorrei ma non posso” di tante persone che gli regalavano pacche sulle spalle e dopo alcuni minuti accorrevano davanti il televisore, ha compreso che alle 20,45 c’era la Champions League e che un saluto donatogli da lontano bastava, per qualche consigliere regionale, per mettere su un post di solidarietà su facebook.

Molti in queste due giornate hanno pensato di scattarsi una foto con lui, forse considerandolo una sorta di monumento vivente alla resistenza reale. Ma chi è Sergio? E perché stava seduto lì vestito di bianco? Sergio è un supereroe. Non è chi racconta a descriverlo tale, ma lui stesso. Sergio è il Mister Green che a sue spese fa nascere fiori in città, da vita ai vasi vuoti di Villa De Capoa, contro ogni regolamento ha cercato di rendere vive anche le aiuole di Piazza Municipio, scontrandosi spesso con le piccole leggi comunali che non autorizzano chiunque a coltivare fiori. Sergio è Jack Mendoza, il pasticciere che con il proprio furgoncino attraversa l’Italia per portare il suo Dolce della Pace nelle diverse fiere del Centro-sud. Con il suo dolce ha finanziato molti progetti di umanitari, destinando parte dei suoi guadagni, ad associazioni internazionali a tutela dei bambini.

Sergio, però, non ha potuto più pensare agli altri. Ha piegato il costume di Mister Green nell’armadio perché tutti i gironi doveva svegliarsi di notte e andare a lavorare in un forno, in Puglia. Lavorava tutto il giorno, con ritmi che neanche un supereroe poteva sostenere, lavorava per pochi euro all’ora, lavorava, quindi, solo per poter mangiare. Durante il presidio, preso dalla fame e dalla sete, ogni tanto i suoi occhi diventavano più lucidi.

“Io mangio il giorno – diceva – perché c’è ancora mia madre che mi mette un piatto di pasta davanti. Ma all’età che ho io, il piatto di pasta dovrei metterlo io davanti mia madre”. 

Sogna un mercato coperto, Sergio. Un mercato che possa dargli la possibilità di vendere i suoi prodotti artigianali. Non vuole che gli sia permesso solo a lui, vuole che sia permesso a tutti coloro che desiderano lavorare in quel mercato. Vuole anche le dimissioni di Frattura, certo. Ma lui non fa politica, né sindacato, non si candiderà in nessuna lista elettorale, il suo invito a dimettersi è un invito genuino, vero.

In fondo, se in questa regione i giovani mangiano ancora grazie ai propri genitori, la colpa di qualcuno dovrà pur essere.

Decine di migliaia di euro messe sul conto corrente di chi dovrebbe prendersi la responsabilità di risolvere i problemi, forse sono davvero soldi regalati a uomini piccoli piccoli, che hanno avuto la fortuna di essere eletti, come si ha la fortuna di vincere al gratta e vinci.

È abissale la distanza tra la storia di Sergio e la cronaca politica che investe in questi giorni il Consiglio regionale, tanto abissale da mettere in imbarazzo chiunque dovrebbe continuare a raccontare le dinamiche politiche di una regione che non c’è. Sergio, come il sasso gettato nello stagno, vorrebbe obbligare a reagire i disoccupati, che se ne stanno per conto loro, nella propria pace e nel proprio sonno, richiamandoli alla vita.

Adesso “Mister populista”, il quinto personaggio di Sergio Micatrotta, sta riposando, sta recuperando le forze. La sua battaglia contro la disoccupazione dilagante ha sortito solo solidarietà da parte del popolo, ma di reazioni davvero poche. Una sicurezza in più, quella data dalla scarsa reazione popolare, per chi, armato di giacca e cravatta, ogni giorno, inscena il gioco dei potenti.

Redazione

CBlive

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