Impara l'arte con... CBlive e Sergio Marchetta

‘Impara l’arte’ presenta i Misthaven: l’alternativa che suona passione

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Un momento dell’intervista

SERGIO MARCHETTA

Tre sono gli ingredienti di cui è impastato il senso dell’intervista di oggi: l’energia della gioventù, l’eleganza intellettuale e la passione per la musica. Ingredienti di prima scelta che si riassumono nell’equilibrio perfetto di un nome: Misthaven. Una di quelle concretizzazioni artistiche più coraggiose e raffinate di cui il Molise possa andare orgoglioso. Nell’epoca dei talent show e delle cover band per me è un onore tenere a battesimo su questa rubrica un gruppo che farà parlare si sé. Di fronte a me la rappresentanza femminile della band: Eleonora Petti (pianoforte e tastiere) e Francesca Bertoni (voce e autrice).

La prima domanda, scontata ma non troppo: da cosa deriva il nome della vostra band e che missione ha?
E. “Il nostro gruppo si chiama così dall’unione di due parole che significano “rifugio nella nebbia” inteso come rapporto dell’individuo con la musica; riassume l’espressione più rappresentativa del nostro lavoro e della nostra passione. La nebbia come simbolo del caos e la musica come rifugio e come volontà di affrontare i problemi”.

Eleonora, tu rappresenti la parte un pò più onirica dal punto di vista della musicalità del gruppo quando ti esprimi alle tastiere e al pianoforte.
“Le tastiere rappresentano più che altro la parte “classica” dei nostri suoni, l’influenza della formazione e dello studio che emerge nelle nostre composizioni. A un primo impatto potrebbe sembrare poco assimilabile quello che suoniamo alle sonorità classiche. Ma se pensiamo che tutta la musica deriva dalla classica appare meno ‘strano’ riscontrare elementi del genere nel nostro repertorio; la formazione di ciascuno di noi rappresenta le fondamenta da cui non possiamo prescindere”.

Se volessimo definire il vostro stile espressivo senza inquadrarlo in schemi concettuali troppo restrittivi come lo descriveremmo?
E. “Come un genere ‘alternative’ inteso all’americana, in cui abbiamo delle chitarre e quindi delle ritmiche provenienti dall’hard rock, una voce che arriva dal pop e delle orchestrazioni di influenza tipicamente classica.Un misto di espressività musicali che riesce ad amalgamarsi molto bene”.

Questo affermarsi come genere “alternativo” e dunque poco commerciale è penalizzante o appagante?
E. “Potremmo definirla una sfida penalizzante. Il nostro è un genere poco apprezzato se non addiruttura sconosciuto in Italia, soprattutto al sud. Al contrario di altri Paesi come la Grecia o alcune piccole realtà europee. Il massimo dei consensi in ogni caso arriva da oltreoceano”.

Il vostro oltre ad essere un genere musicale è anche uno stile di vita?
F. “Decisamente. Non potremmo appassionarci a qualcosa che non rispecchierebbe noi stessi. Ma questo non significa lasciarsi etichettare”.

La scelta di scrivere i testi in inglese rappresenta una necessità o una comodità?
F. “Personalmente ritengo che quella inglese sia una lingua più poetica rispetto all’italiano ed è quella con la quale riesco ad esprimermi al meglio nei testi. Naturalmente si tratta di una scelta che risulta più adeguata anche in termini di mercato in quanto l’inglese arriva ovunque”.

Quante volte avete pensato di fare i bagagli e portare la vostra idea musicale lontano da questi confini un pò angusti?
E. “Un sacco di volte! Ma è necessario non cedere all’impulsività e all’improvvisazione perchè risulterebbe controproducente. Stiamo creando le basi”.

Come giudicate il Molise dal punto di vista della considerazione rispetto al tipo di musica che proponete?
E. “Purtroppo sono ancora troppo pochi gli spazi “aperti” a questo genere musicale: ciò vuol dire scarse possibilità di esprimersi “live”, soprattutto se si tratta di gruppi di nuova formazione. E’ molto più redditizio dare spazio a una delle tante cover band anziché a un progetto come il nostro”.

Oggi è facile improvvisarsi musicisti anche grazie a certi fenomeni mediatici di dubbio valore. Questo quanto infastidisce chi ha alle spalle un duro percorso di studi?
E. “Si può essere degli ottimi musicisti anche senza avere un grosso background formativo; però bisogna anche distinguere il progetto che si vuole affrontare: se si vuole suonare per diletto e passione non serve una formazione accademica. Se invece si aspira a vivere di musica e farne un lavoro allora lo studio è imprescindibile”.

Francesca, per te che sei la voce e quindi l’espressione frontale della vostra musica, cosa rappresenta invece il silenzio?
“Adoro ascoltare il silenzio perchè in esso riesco ad ascoltare me stessa e a comprendere cose che il caos non sa nemmeno suggerire. Pur avendo una personalità “esplosiva” mi ritrovo paradossalmente nel silenzio”.

Quando invece hai un microfono davanti quanto è difficile per te ricercare l’equilibrio tra la passione e la tecnica del canto?
“Tanto, considerando che non ho mai studiato sistematicamente canto. Mi sono avvicinata all’educazione vocale a partire da altri progetti – teatrali soprattutto – per cui non devo molto alla tecnica in senso stretto. Ciò che mi spinge è la passione”.

Quanto è importante l’impatto visivo di un’esibizione live?
F. “Tanto, al punto da provare sempre ad emozionare il pubblico. Non necessariamente con effetti speciali o grosse sovrastrutture teatrali che rischierebbero di rendere un concerto una farsa. Bisognerebbe sempre prediligere la semplicità”.

Che significa ispirazione?
E. “Tirare fuori le esperienze. Niente nasce dal nulla; abbiamo dentro una base di sentimenti, emozioni e immagini che ci siamo creati nel tempo”.

Riesci a trovarmi un sinonimo di pianoforte?
E. “Vita. La mia vita. Perchè non ricordo cosa facessi o come fossi prima di iniziare a suonare”.

Che cos’è il fascino musicale?
E. “Il frutto della passione e la capacità di trasmettere bellezza”.

Quanto legge un’autrice di testi musicali? Quanto conta coltivare la lettura oltre a lasciarsi ispirare?
F. “Scrivere mi viene di getto. E’ emozione. E’ raccontare. Parto da me e arrivo al testo. La lettura può essere una provocazione ma l’inizio di un testo è sempre un racconto personale”.

Oltre a raccontare cosa fanno i testi dei Misthaven?
F. “Ricercano e coltivano la speranza”.

Cosa ti affascina di più: la fase creativa, compositiva o quella del riscontro oggettivo del pubblico?
F. “Lavorando insieme direi che la fase creativa è quella più divertente e stuzzicante. Ci piace confrontarci ma non litighiamo mai”.

Che cos’è il successo?
F. “Riuscire ad arrivare a tutti. Sentirsi ascoltati”.

Eleonora senza la musica sarebbe una persona migliore o peggiore?
“Non sarei me stessa”.

Il vostro genere musicale si avvale di testi “forti”  ed anche l’impatto visivo che accompagna la vostra espressione artistica non passa inosservato. Quanto pensate possa mettere in discussione tutto ciò rispetto a chi vi ascolta?
E. “In una piccola realtà fenomeni del genere sono guardati con occhi “diversi”. Ma il nostro è un modo di essere, la nostra immagine non è una moda”.

Il nero è una tonalità che vi contraddistingue: esigenza o casualità?
E. “Stile di vita. La passione per un colore”.

L’amore, i sogni o la carriera: che cosa conviene inseguire?
E. “La carriera. C’è una famosa frase che dice: La carriera non si alzerà mai dal letto una mattina dicendoti che non ti ama più”.
F. “Probabilmente tutte e tre”.

4 marzo 2015: cosa rappresenta questa data per i Misthaven?
E. “L’uscita del nostro primo Demo. Un periodo di grande emozione e concretezza rispetto al lavoro dei mesi precedenti. Un bellissimo ricordo”.

Quanto andate d’accordo, artisticamente parlando?
F. “Fondamentalmente non ci siamo incontrate come colleghe; siamo amiche da sempre e ci siamo conosciute proprio nell’ambito della musica. Siamo legate oltre la musica e questo ci porta a sostenerci a vicenda”.
E. “Il gruppo è una grande famiglia. Il lavoro condiviso e anche le ansie condivise formano il collante. La musica stessa è esigenza di fare gruppo”.

L’inquietudine è un bene o un male?
F. “Una fonte di ispirazione”.

“Non è mai troppo tardi per trovarti al posto giusto. Non è mai troppo presto per lasciare tutto alle spalle”. Che cos’è il tempo?
E. “Il tempo è solo un numero. Non esiste nulla di concreto che si possa definire un ‘troppo tardi’ o un ‘troppo presto’. Il tempo è una dimensione inventata per delimitare le esperienze e definire ciò che è giusto o sbagliato”.

Nelle vostre liriche compaiono spesso passaggi legati al piacere e al dolore: quanto si assomigliano?
F. “Viaggiano sulla stessa scia. Due facce di una stessa medaglia”.

Quali sono i vostri progetti a breve e a medio termine?
E. “Emergere ma soprattutto suonare dal vivo qui nel Molise e lontano da qui. Una grande passione è sempre una buona motivazione per andare avanti”.

Nulla da aggiungere, verrebbe da dire. Allora in bocca al lupo ai Misthaven, alle loro idee, ai loro suoni, alla loro forza e al talento che saprà raggiungere le altezze che merita.

 

Redazione

CBlive

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