Campobasso, c’era una volta il parco giochi di Villa De Capoa
MASSIMO DALLA TORRE
Per quelli che passano la notte insonne, leggere, anzi scorrere le pagine dei social network è una fonte d’inesauribile ispirazione. Un qualcosa che permette anche se posticipato, perché la maggior parte delle volte le immagini, le fotografie e i relativi articoli si riferiscono a cose divenute di pubblico dominio, di mettere nero su bianco e denunciare le distonie del sistema. Il quale, gioco forza, innesca un meccanismo di riflessioni che spesso si tramuta in considerazioni condite con la rabbia.
Il caso in specie è la condizione di abbandono del parco giochi di Villa De Capoa, ultimo dei polmoni verdi di Campobasso, un tempo città giardino. Un luogo che per anni è stato la valvola di sfogo di bambini e adolescenti che si recavano nello storico parco per divertirsi con il trenino che lo percorreva in lungo e largo, la pista dei go-kart che non inquinava, ma soprattutto con scivoli e altalene oggi ridotti a rottami, grazie all’incuria di chi dovrebbe preservare e salvaguardare, anche se possono sembrare futili, gli ultimi scampoli della fanciullezza, come direbbero i romantici.
Uno spettacolo che ha dell’assurdo e che ancora una volta condanna inesorabilmente e senza nessuna prova di appello chi per anni si è erto falsamente a palatino del verde con annessi e connessi; speriamo nella nuova squadra del sindaco Battista.
Uno spettacolo documentato con dovizie di particolari da chi crede ancora nella rinascita e di quello che è stato e che purtroppo oggi è solo un lontanissimo ricordo.
Uno spettacolo indegno paragonabile a una discarica, come quelle che si possono vedere, purtroppo, in molti angoli di questa città divenuta ostaggio del cemento e dell’incuria. A fornircene la prova provata dicevamo alcuni cittadini che, stanchi della situazione di assoluto degrado in cui versa la villa prospiciente la periferia cittadina, ci ha indotto ad andare a costatare di persona di come Campobasso è abbandonata a se stessa. Un qualcosa che fa gridare allo scandalo. Un qualcosa d’indefinito e indefinibile che la dice lunga di come i proclami, gli impegni e le manifestazioni non sono altro che una presa in giro alla città e ai suoi abitanti, ecco il perché l’azione dei movimenti ambientalisti che puntualmente si fanno carico di ripulire gli spazi verdi cittadini, anche se il lavoro di riattivazione è lungo e difficile.
Un lavoro che, a dir la verità, non dovrebbe spettare al cittadino, bensì a chi è preposto alla tutela del verde pubblico che, a quanto pare, ha gli “occhi foderati con fette di prosciutto”, irrancidito, buono solo ad ingrassare i vermi che spesso sono l’unica cosa che si vede, oltre la ruggine, che fa da padrona sulle suppellettili non più utilizzabili perché inservibili e pericolosi. Costatazioni che sicuramente susciteranno critiche e i risentimenti ma necessarie a nostro modesto giudizio di semplici cronisti di provincia. Costatazioni dettate unicamente dalla rabbia verso chi incurante di quanto accade lascia le cose come stanno, forse con la speranza che il tempo e le erbacce cancelli i segni di quello che è. Costatazioni dettate dalla necessità di avere risposte e non promesse. Costatazioni che, speriamo possano risvegliare, anche se il tentativo è stato fatto numerose volte senza alcun esito positivo, l’amore per Campobasso che di verde non ha quasi più nulla se non le tasche dei contribuenti che sono costretti a dover ammainare la bandiera della speranza anche se come dice un detto: chi di speranza vive, disperato muore.