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Il ricordo del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nelle parole della figlia Simona: “Mai piegato ai potenti. Politica ed economia sono contaminate”. Sulla strage di Parigi: “Necessaria una imponente strategia di mediazione”

Simona Dalla Chiesa insieme all'assessore de Capoa, a Musacchio e ad Antonelli
Simona Dalla Chiesa insieme all’assessore de Capoa, a Musacchio e ad Antonelli

GIUSEPPE FORMATO

Il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa raccontato dalla figlia Simona, giornalista, deputata del PDS dal 1992 al 1996 e consigliere regionale della Calabria dal 1985 al 1990. La terzogenita del carabiniere ucciso dalla mafia il 3 settembre 1982 ha tenuto una lezione agli studenti dell’Istituto Comprensivo “Montini” di Campobasso, suscitando l’interesse dei giovani discenti e dei loro insegnanti. Presenti tra il folto pubblico anche diversi cittadini, accorsi per ascoltare una pagina di storia contemporanea italiana.

L’auditorium del plesso scolastico del quartiere Cep ha ospitato la seconda lezione del progetto “Legalità Bene Comune”, organizzato dall’assessorato alla cultura del Comune di Campobasso e promosso dalla Scuola di Legalità ‘don Peppe Diana’.

Ad accogliere Simona Dalla Chiesa, l’assessore Emma de Capoa, la dirigente scolastica Agata Antonelli e il direttore della Scuola di Legalità, Vincenzo Musacchio.

Attenzione ai massimi livelli e commozione durante il racconto di Simona Dalla Chiesa, la quale ha ricordato la figura di “un padre premuroso, che amava giocare con i propri figli, senza portare a casa le tensioni del lavoro. Ha tutelato la sua famiglia, facendosi vedere sempre con un volto sorridente e sereno”.

“Io – le parole della giornalista sono cresciuta col senso delle regole. Immaginate un padre che viveva per far rispettare le norme nella società. A casa non faceva sconti. Non nego che a volte è stata dura, ma noi figli ancora oggi lo ringraziamo. Ci ha insegnato che il rispetto delle regole è un atteggiamento nei confronti della vita”.

“La legalità è passione di vivere – la testimonianza dell’onorevole Dalla Chiesae si traduce nelle regole di buona condotta e del vivere insieme. Quando parliamo di legalità dobbiamo riferirci ai codici ideali, quelli scritti lasciamoli ai magistrati, ai quali tocca far rispettare le norme imposte dalla società”.

La folta platea della "Montini"
La folta platea della “Montini”

“Rispettare le regole – ha proseguito Simona Dalla Chiesa – vuol dire essere liberi e la libertà si traduce nel rispetto di quella degli altri. Nessuno dispone della libertà assoluta, altrimenti si genererebbe l’anarchia. I cittadini devono misurare le proprie esigenze con quelle degli altri e questo aspetto non deve essere visto come un sacrificio. L’insieme dei cittadini liberi è la base della felicità reciproca, che da sola abbatte i tentativi di sopraffazione”.

Nel corso della mattinata, è stato proiettato il Tg1 del 4 settembre 1982, quando fu data la notizia del barbaro assassinio del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e uno spezzone di intervista di quest’ultimo realizzata dal giornalista Enzo Biagi.

Simona Dalla Chiesa ha ricordato uno dei passaggi di quella chiacchierata con colui che è stato uno dei più grandi giornalisti del ventesimo secolo. Biagi chiese al Generale come avrebbe raccontato la sua vita ai nipoti.

“Mio padre – il ricordo – rispose che ai nipoti si raccontano le favole e la sua vita non lo era stata. La sua storia l’avrebbe raccontata ai giovani carabinieri, che sul territorio nazionale si battevano per il rispetto delle leggi e per la difesa dei cittadini”.

“Il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa – il racconto della figlianon si è mai piegato ai poteri forti e ai prepotenti. Da quando, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, nelle Marche, a soli 23 anni, difendeva coloro che erano perseguitati dai tedeschi, fin quando, dopo aver sconfitto il terrorismo, fu mandato in Sicilia per combattere la mafia. In quell’occasione – ha ricordato – mio padre andò a parlare con una persona che in quel momento rappresentava le Istituzioni, ma che non stimava affatto, dicendogli che sarebbe andato in Sicilia, senza però portare rispetto per chi assicurava voti a questa persona. Io gli chiesi il motivo per il quale andò a parlare con una persona che non stimava. Lui mi rispose che, al di là delle persone che le rappresentano e che cambiano col corso degli anni, occorre sempre portare il massimo rispetto verso le Istituzioni dello Stato”.

“Arrivato a Palermo – ha narrato Simona Dalla Chiesa – fu il primo Prefetto che scelse come suoi interlocutori gli studenti. Non ebbe il tempo di coltivare questo magnifico rapporto con i più giovani. Fu ucciso un mese dopo. Il tempo, però, che gli fu sufficiente per seminare. Per la prima volta, infatti, gli studenti iniziarono a ribellarsi, organizzando fiaccolate in sua memoria e in favore della legalità, gemellandosi con gli istituti scolastici della Penisola”.

“Il mio messaggio è quello della speranza – ha affermato ai giovani scolarinonostante ci sia ancora tanto marcio nella politica e nell’economia. Se, però, penso al silenzio di trenta anni fa  e al fatto di parlare di un argomento così delicato con gli studenti, possiamo ben dire di aver fatto passi da gigante. Conoscere e informarsi sono le prime tappe per il vostro cammino verso la legalità. La cultura vi permetterà – rivolgendosi alla plateadi non piegarvi a nessuno e agire sempre secondo legalità”.

“Il Generale Dalla Chiesa – ha proseguito la terzogenita – ha contribuito ad annientare il terrorismo degli anni ’70, in un momento in cui nessuno più credeva di poterci riuscire. La mafia, però, vive ancora, perché gode di un vasto consenso, concedendo favori, dando voti e assicurando carriere facili. La mafia trasforma negativamente anche una cosa bella, a causa dell’ossessivo attaccamento al denaro”.

“Finché una tessera di partito conterà più dello Stato, non riusciremo mai a battere la mafia: questa è una delle frasi rimaste celebri del Generale Dalla Chiesa ha ricordato la giornalista di Catanzaroe, dunque, toccherà anche a voi studenti, che siete la generazione del futuro, ripulire il mondo della politica”.

Simona Dalla Chiesa, oltre a ricordare una di quelle figure morte solo fisicamente, ma sempre presenti nella collettività, ha avuto modo anche di parlare d’attualità. “Ho letto in questi giorni – il suo pensiero – tante aberrazioni in merito alla strage di Parigi. Non è assolutamente una guerra di religione. Come ha ricordato Papa Francesco, non si può utilizzare il nome di Dio per giustificare una guerra. Loro vogliono seminare il terrore e farci vivere nella paura. È in questo momento che serve una forte e capace politica internazionale, coadiuvata dal lavoro dell’Intelligence, trovando soluzioni e strade diverse dai bombardamenti. Continuando a seminare morti e odio, la spirale non si fermerà più. L’Occidente deve prendere atto delle proprie responsabilità: ha fornito armi e istruito quelle popolazioni. In questa fase, i capi di governo devono mettere in campo tutte le proprie intelligenze per risolvere la situazione in maniera strategica, ma pacifica”.

A conclusione di questa lezione di legalità, Simona Dalla Chiesa, su richiesta degli studenti, ha ricordato gli insegnamenti che le ha lasciato il padre, evidenziando quale sia l’oggetto materiale che le ricorda la figura paterna.

“Certe cose non si fanno per coraggio – questo amava ripetere il Generale – ma per poter guardare negli occhi i propri figli e i figli dei propri figli. Questo è stato uno dei più grandi insegnamenti che ci ha tramandato. Se dovessi scegliere un qualcosa di tangibile, la sua divisa. Mi dà l’immagine che si completa di lui, la forma e la sostanza. Il suo apparire e il suo essere. Ancora sento sulla pelle del viso la ruvidezza della divisa quando ci abbracciavamo”.

Ad aprire e chiudere la mattinata è stata l’assessore comunale Emma de Capoa, per la quale:“Occorre camminare sempre a testa alta contro i potenti che vogliono imporre le proprie regole, il proprio stile, sbagliato, di vita. Siamo noi cittadini i primi ad avere le armi per combattere gli atteggiamenti mafiosi, opponendoci alla corruzione e al clientelismo. Un ruolo importante, inoltre, lo deve garantire lo Stato, che deve essere capace di offrire alla collettività tutti quei diritti che la mafia concede a chi si avvicina alla criminalità organizzata. Abbiamo scelto le scuole con questo progetto – la sua conclusione – perché dai più giovani si deve partire per cambiare la società del futuro”.

Redazione

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