Pozzi petroliferi di Contrada Capoiaccio: “Strane similitudini con il caso dell’Eni a Potenza”

Il consigliere regionale Salvatore Ciocca
Il consigliere regionale Salvatore Ciocca

“Sebbene le indagini – a scriverlo in una nota stampa il consigliere regionale Salvatore Ciocca portate a conclusione nei mesi scorsi dalla Commissione tecnica prefettizia, da me fortemente voluta, abbiano escluso alcun rischio – attuale – derivante dall’anomalo tasso di radioattività riscontrato dall’Arpa Molise prima e dall’Ispra successivamente nell’area dove insistevano gli stabilimenti estrattivi della ex Montedison, la vicenda che è stata portata alla luce in Basilicata evidenzia alcune strane similitudini con quanto potrebbe essere accaduto in agro di Cercemaggiore. E ci sono aspetti rilevati dall’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale che vanno chiariti con immediatezza. Come ho già detto in più occasioni, ho chiesto ufficialmente di audire in Terza Commissione consiliare – che fin dal novembre 2013 ha avviato un percorso di indagine finalizzato alla definitiva chiarezza sui procedimenti di reimmissione avvenuti nei pozzi di Capoiaccio e sulle motivazioni dell’elevato tasso di radioattività riscontrato nell’area – i funzionari dell’attuale Edison Spa i quali, fino ad oggi, non hanno inteso dare riscontro alle mie richieste.

L’Ispra, nella relazione conclusiva, ha certificato la presenza di  valori anomali di radioattività –  rispetto al fondo ambientale locale – lì dove insistevano i pozzi petroliferi (nell’area del pozzo S. Croce 1 e nella zona del Fosso Vernile); valori riconducibili – come spiegano bene –  allo scarico dei residui. Operazione questa, tra l’altro,  confermata dai tecnici Edison che hanno partecipato alla Commissione prefettizia ma che, inspiegabilmente, rifiutano di intervenire in sede di audizione.

Lo stesso Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale  ha analizzato campioni di terreno e materiali non assimilabili a terreno riscontrando, nell’area lungo il Fosso Vernile, che la serie radioattiva dell’uranio non è in equilibrio secolare e che le concentrazioni di massa di alcuni radionuclidi, costituenti la serie radioattiva stessa (radio e piombo),  sono più elevate rispetto a quelle prese come riferimento per il fondo ambientale. Nel materiale non assimilabile al terreno, inoltre, sono state rilevate concentrazioni di radio, polonio e piombo derivanti di certo dall’accumulo degli scarichi provenienti dall’ex sito estrattivo. Come è stato certificato dai tecnici, non è stato possibile definire sino a che profondità si estenda tale contaminazione da radionuclidi di origine naturale né la quantità di materiale contaminato attualmente presente nell’area dell’ex pozzo Santa Croce 1 e nel tratto iniziale del Fosso Vernile”.

I qualificati tecnici dell’Ispra, di fatto, sottolineano che i rischi deriverebbero solo dall’aumento significativo dell’esposizione della popolazione che si avrebbe  a seguito di una permanenza protratta nell’area; ipotesi questa definita “al momento poco realistica stante i provvedimenti di tutela adottati. E, nella stessa relazione, sottolineano la necessità di predisporre una ulteriore e adeguata delimitazione dell’ex area estrattiva e di un tratto del Fosso Vernile. Operazione i cui costi, di fatto, ricadrebbero sull’amministrazione comunale mentre invece dovrebbero essere appannaggio della società che ci ha lasciato in eredità una situazione tutt’altro che chiara. Ma fino ad oggi, e in tutti questi  anni, cosa è accaduto? Quante persone sono state esposte – loro malgrado – a tale inquinamento? Quali i rischi per la popolazione  che, fino a pochi mesi fa,  non era a conoscenza della presenza di anomali livelli di radioattività?

In qualità di cittadino, prima di tutto, e di presidente della Commissione consiliare competente, vorrei – prosegue Ciocca – che fosse definitivamente accertato che in quei pozzi, sigillati con il cemento armato, non ci sia nulla di pericoloso. Vorrei capire cosa è arrivato lì dagli stabilimenti di Potenza, alla luce degli atti ufficiali di cui sono in possesso e che hanno alimentato  dubbi che non sono stati chiariti affatto. Cosa c’è in quei pozzi ormai inaccessibili perché chiusi da una colata di cemento? Cosa trasportavano i camion che – così come certificato dalle testimonianze degli addetti allo stabilimento in quegli anni – arrivavano nottetempo? Che cosa arrivava dalle Masserie Spavento di Potenza? Sino a che profondità di estende la contaminazione dei radionuclidi? Quanto materiale contaminato è ancora presente nell’area?

L’Edison Spa è tenuta a fornire i chiarimenti, non può continuare a sfuggire alle nostre legittime richieste. Per questo, ancora una volta, chiederò ufficialmente di audire i tecnici della società, riservandomi azioni legali ove mai dovessero ancora una volta evitare di chiarire i dubbi di una intera comunità che, per troppo tempo, è stata tenuta all’oscuro e non ha potuto prendere le precauzioni dovute rispetto all’inquinamento ambientale, ormai certificato, al quale è stata esposta”.

Redazione

CBlive

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