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Psicologia Live / Come gestire i nostri comportamenti e le nostre emozioni al tempo del Coronavirus

SCARICA IL VADEMECUM PSICOLOGICO PER AFFRONTARE IL CORONAVIRUS

Dott.ssa Antonella Petrella, psicologa- Psicoterapeuta
Dott.ssa Antonella Petrella, psicologa- Psicoterapeuta

Cosa spinge a comportamenti irrazionali, come, per esempio,  prendere d’assalto i treni e cominciare un vero e proprio esodo, incuranti dei danni e delle conseguenze che un comportamento così avventato porterà da qui a poco nelle vite di tutti noi?

Incoscienza? Poco senso civico? Incuranza delle regole? Sfiducia nel sistema? Egoismo?

Forse.

Ma forse anche la paura, nello specifico, la paura per la propria incolumità.

Questa emozione ci fa schiantare con violenza contro il muro di un effetto paradosso e ci porta esattamente lì dove non vorremmo andare, esattamente verso ciò che vorremmo fuggire.

La paura è una delle emozioni primarie, una delle più conosciute ed allo stesso tempo delle più temute e considerate meno accettabili.

Eppure, per quanto la si voglia nascondere, il nostro organismo ce la fa sentire fisiologicamente e talvolta ci fa agire inconsapevolmente in funzione ad essa.

Tuttavia, la paura non è nostra nemica se ne cogliamo la sua vera funzionalità e la proporzioniamo al contesto.

Essa ha la prerogativa di proteggerci, è pertanto utile alla nostra sopravvivenza e da considerare assolutamente una nostra alleata.

Utilizziamola in modo costruttivo per mettere in atto comportamenti protettivi.

Vi faccio un esempio, la paura del fuoco ci rende prudenti e ci protegge dalle scottature, così, ora, la paura del contagio da Coronavirus dovrebbe renderci altrettanto prudenti ed aiutarci a seguire le indicazioni delle autorità sanitarie.

E’ alquanto evidente però che, in questo ultimo caso, pare non sia così.

Perché?

Probabilmente perché il dilagare dei contagi risponde esattamente a ciò che attiva il meccanismo della paura. La paura è attivata infatti dai fenomeni nuovi, quelli rari e che ancora non sono del tutto conosciuti e che minacciano la nostra incolumità, mettendoci in pericolo.

In questo caso abbiamo inoltre  un’aggravante di cui tenere conto e cioè la sconsiderata diffusione delle informazioni che spesso avviene tramite i mezzi di comunicazione non ufficiali, quali i social e seminano il panico, sfociando in quei comportamenti irrazionali ed avventati che noi tutti, in questi giorni, identifichiamo come “psicosi”.

Il Coronavirus causa pertanto disagio psicologico, paura e la cosiddetta “psicosi” perché, al di là della sua reale natura virale, ci viene presentato con:

  • informazioni che favoriscono in noi il dubbio e l’assenza di controllo (non sapere con esattezza cosa sia, la sua origine e la sua evoluzione);
  • catastrofizzazione (una modalità che apre solo prospettive drammatiche e senza soluzione);

favorendo cosi:

  • l’ aumento dei sensi di colpa (non sapendo se noi stessi ne siamo portatori e abbiamo contagiato involontariamente qualcuno);
  • la concentrazione selettiva sulle notizie negative che rinforzano il circolo vizioso dell’ansia e della paura;
  • l’ aumentano il senso di allarme e di pericolo che facilita atteggiamenti impulsivi e danneggia le relazioni.

Un validissimo aiuto per la gestione psicologica dello stato di emergenza arriva dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi Italiani (CNOP) che prontamente ha divulgato un utile vademecum con le migliori indicazioni per meglio gestire le nostre preoccupazioni relative al momento che stiamo vivendo.

Il CNOP fornisce indicazioni anti-ansia e  suggerisce le buone pratiche per affrontare l’emergenza (il pieghevole potrà essere scaricato anche da  questa pagina) come segue:

  • Attenersi ai fatti, cioè al pericolo oggettivo. Il Coronavirus è un virus contagioso ma come ha sottolineato una fonte OMS su 100 persone che si ammalano 80 guariscono spontaneamente, 15 hanno problemi gestibili in ambiente sanitario, solo il 5 hanno problemi più gravi e tra questi i decessi sono circa la metà ed in genere in soggetti portatori di altre importanti patologie.
  • Non confondere una causa unica con un danno collaterale. Molti decessi non sono causati solo dall’azione del coronavirus, così come è successo e succede nelle forme influenzali che registrano decessi ben più numerosi.  Finora i decessi legati al coronavirus sono stimati nel mondo sono cento volte inferiori a quelli che si stima causi ogni anno la comune influenza. E tuttavia questo 1% si aggiunge ed è percepito in modo diverso dai “decessi normali”. Finora nessuno si preoccupava di una forte variabilità annuale perché tutti i decessi venivano attribuiti all’influenza “normale”: nell’ultima stagione influenzale sono scomparsi 34.200 statunitensi e, l’anno prima, 61.099.

 

  • Se il panico diventa collettivo molti individui provano ansia e desiderano agire e far qualcosa pur di far calare l’ansia, e questo può generare stress e comportamenti irrazionali e poco produttivi. Farsi prendere dal contagio collettivo del panico ci porta a ignorare i dati oggettivi e la nostra capacità di giudizio può affievolirsi. Pur di fare qualcosa, spesso si finisce per fare delle cose sbagliate e a ignorare azioni protettive semplici, apparentemente banali ma molto efficaci come quelle suggerite dalle Autorità Sanitarie.

  • In linea generale troppe emozioni impediscono il ragionamento corretto e frenano la capacità di vedere le cose in una prospettiva giusta e più ampia, allargando cioè lo spazio-tempo con cui esaminiamo i fenomeni. E’ difficile controbattere le emozioni con i ragionamenti, però è bene cercare di basarsi sui dati oggettivi. La regola fondamentale è l’equilibrio tra il sentimento di paura e il rischio oggettivo.

  • Siamo preoccupati della vulnerabilità nostra e dei nostri cari e cerchiamo di renderli invulnerabili. Ma la ricerca ossessiva dell’invulnerabilità è contro-producente perché ci rende eccessivamente paurosi, incapaci di affrontare il futuro perché troppo rinchiusi in noi stessi.

Tre buone pratiche per affrontare il Coronavirus:

  • Evitare la ricerca compulsiva di informazioni.

Abbiamo visto che è normale e funzionale, in chiave preventiva, avere paura davanti ad un rischio nuovo, come l’epidemia da coronavirus: ansia per sé e i propri cari, ricerca di rassicurazioni, controllo continuo delle informazioni sono comportamenti comprensibili e frequenti in questi giorni. E tuttavia la paura si riduce se si riflette sul suo rapporto con i pericoli oggettivi e quindi si sa con chiarezza cosa succede e cosa fare.

  • Usare e diffondere fonti informative affidabili.

E’ bene attenersi a quanto conosciuto e documentabile. Quindi: basarsi SOLO su fonti informative ufficiali, aggiornate e accreditate.

Il Coronavirus non è un fenomeno che ci riguarda individualmente. Come nel caso dei vaccini ci dobbiamo proteggere come collettività responsabile. I media producono una informazione che può produrre effetti distorsivi perché focalizzata su notizie in rapida e inquietante sequenza sui singoli casi piuttosto che sui dati complessivi e oggettivi del fenomeno. E’ importante tener conto di questo effetto.

( Fonte delle indicazioni di cui sopra: CNOP)

Nell’attesa che la vita, che ora pare essersi fermata in uno stallo vincolante, ricominci a scorrere e noi a riappropriaci del nostro tempo, unitamente alla nostra normalità, proviamo a non perderci e disperderci nei meandri insidiosi della paura negativa, quella che è cattiva maestra di vita.

Proviamo a vedere e rendere la  stessa paura che ci paralizza, una nostra alleata perché si possa agire con lucidità e soprattutto, con prudenza.

Proviamo a stare e vivere il momento che abbiamo, con quello che siamo e con le fragilità che ci portiamo dietro. Proviamo a restare, piuttosto che scappare (più o meno metaforicamente) da questa difficoltà.

E’ solo così che potremmo continuare il nostro cammino, senza fermare il basso.

Mai come in questo momento dobbiamo avere obiettivi e prospettive future, guardare al domani e andargli incontro vivendo il presente.

Buon cammino lungo questo sentiero insidioso. Giunti alla meta ci guarderemo alle spalle e noteremo, oltre alla strada percorsa, di avere gambe più forti, capaci di camminare su tracciati impervi e  di superarli.

Dott.ssa Antonella Petrella, psicologa- Psicoterapeuta

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