Ictus cerebrale, una ricerca del Neuromed pubblicata sul Journal of American Heart Association

Il team dell'unità di ipertensione arteriosa Neuromed
Il team dell’unità di ipertensione arteriosa Neuromed

La ridotta espressione di un gene, denominato ndufc2, è correlata a un aumento del rischio di ictus cerebrale, soprattutto in presenza di un’alimentazione ricca di sale. Sono i risultati di una ricerca condotta dall’Unità di Ipertensione Arteriosa, Dipartimento di Angiocardioneurologia dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), e pubblicata su Journal of the American Heart Association.

Nell’ambito degli studi sulle cause genetiche che possono essere alla base dell’ictus, i ricercatori hanno concentrato la loro attenzione su questo particolare gene, implicato nella costituzione del complesso I, un componente fondamentale dei mitocondri (gli organelli cellulari destinati alla produzione di energia). Gli esperimenti sono stati condotti su due tipi di ratti: quelli spontaneamente predisposti ad essere colpiti da ictus (denominati SHRSP) e altri resistenti a questa patologia. “Abbiamo visto – dice la professoressa Speranza Rubattu, Neuromed e Universita’ Sapienza di Roma – che nei ratti predisposti all’ictus il gene Ndufc2 è espresso in misura ridotta rispetto agli altri”.

L’espressione di un gene è il processo attraverso il quale l’informazione contenuta nel DNA porta alla formazione della proteina corrispondente. Anche se l’informazione rimane sempre la stessa, esistono molti sistemi, chiamati epigenetici, attraverso i quali questo meccanismo viene aumentato o diminuito. Nel caso del lavoro pubblicato dai ricercatori Neuromed, la ridotta espressione di ndufc2 si traduce in una alterazione del complesso I dei mitocondri, cruciale per la loro funzionalità.

Uno dei fattori principali che influenzano il processo è proprio la dieta. “La riduzione dell’espressione di ndufc2 nei ratti predisposti all’ictus – continua Rubattu, prima autrice della ricerca – è decisamente più marcata quando questi animali vengono sottoposti a una alimentazione particolare, caratterizzata da un elevato quantitativo di sale. Ma c’è un’altra osservazione interessante: gli stessi ratti, se nutriti con una dieta standard, quindi meno ricca di sodio, mostrano una regolare attività mitocondriale. In altri termini, le alterazioni nel complesso I ci sono, certo, ma una dieta a normale contenuto di sodio sembra far entrare in gioco altri meccanismi, capaci di mantenere normali le funzioni dei mitocondri”.

I ricercatori Neuromed hanno voluto estendere le loro indagini anche agli esseri umani, in particolare alle persone colpite da ictus giovanile, quindi prima dei 45 anni. E anche qui il gene già studiato nei ratti è emerso come un soggetto di indagine molto interessante. Esaminando il DNA dei pazienti, gli autori del lavoro scientifico hanno infatti visto che molti di loro presentavano un particolare assetto genetico, capace proprio di ridurre l’espressione di ndufc2.

“Naturalmente – conclude la ricercatrice – saranno necessari ulteriori studi per stabilire con precisione il rapporto tra l’espressione di quel gene e l’ictus nell’uomo, ma pensiamo che il nostro lavoro sia un buon passo in avanti nell’indagine sulle basi genetiche di questa patologia. Inoltre, con questa ricerca, si rafforza l’idea che le disfunzioni mitocondriali giochino un ruolo cruciale nelle patologie cardiovascolari”.

 

 

Redazione

CBlive

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