Cronaca

Caso Nardacchione, l’anatomopatologo Guerriero: “Questo caso diventi una pietra miliare nella medicina d’urgenza e legale, ma anche nella patologia forense molisana”

da Massimiliano Guerriero*

Il 7 dicembre 2021 c’è stata la sentenza del caso Nardacchione in cui l’imputato e stato assolto, infatti, non c’è alcuna prova che al momento del decesso Nardacchione stesse lavorando all’impianto elettrico. Il decesso avvenne quindi per cause naturali.

Ecco, io oggi voglio scrivere alcune righe, voglio scrivere affinché il caso di Vincenzo Nardacchione diventi una pietra miliare nella medicina d’urgenza, nella medicina legale e nella patologia forense molisana.

Era il 5 giugno 2018 quando arrivò una chiamata al 118, in una villetta di Vinchiaturo un uomo era rimasto folgorato, questa fu la motivazione della chiamata del 118 per sospetta folgorazione, poi il medico del 118 intervenuto disse che era una morte naturale e la cosa finì così.

Fu fatto il funerale, ma solo alcuni giorni dopo il sostituto procuratore Schioppi della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Campobasso dispose la riesumazione del cadavere perché c’era un grave indizio di reato, era sospettato un omicidio colposo. L’autopsia eseguita dai medici legali di Foggia disse che Vincenzo Nardacchione era morto per folgorazione. Poi questa tesi fu contestata dai consulenti di parte, furono nominati altri consulenti, e ieri il giudice dell’udienza preliminare è stato ben chiaro: Vincenzo Nardacchione è morto per cause naturali.

Bene, giustizia è fatta.
Tuttavia, rimarrà per sempre il dubbio del perché fu chiamato il 118 per sospetta folgorazione se Nardacchione era morto così in modo naturale? Perché non fu chiamato per una morte improvvisa?

Perchè il povero indagato si è dovuto sobbarcare spese abnormi di super avvocati e super consulenti?

Perché i familiari del defunto hanno dovuto spendere ulteriori spese di avvocati e consulenti per sapere di che era morto il loro amato padre? Ci rendiamo conto in termini di stress cosa significhi vedere la salma del proprio caro riesumata?

Perché il sistema giudiziario ha dovuto spendere risorse di tutti noi per consulenti ed indagini?

Ve la dico io la risposta: perché in Molise è sistematicamente disattesa una norma.

Il regolamento di Polizia Mortuaria del 1990 all’articolo 37 prevede che si esegua un riscontro diagnostico (cioè una semplice autopsia in ospedale) per accertare le cause di morte di deceduti senza assistenza medica trasportati in ospedale o in obitorio oppure per accertamento delle cause di morte delle persone decedute a domicilio quando sussiste dubbio sulla causa stessa.

Io vorrei che il caso di Vincenzo Nardacchione diventi una pietra miliare nella storia della medicina molisana, vorrei che, in futuro, si ricordasse del caso Nardacchione perché dopo di esso si iniziò ad applicare un regolamento in vigore da 31 anni nel resto dell’Italia.

Siccome il mio ruolo in ASREM è di dirigente medico con incarico autopsie, sono anni che cerco di convincere i colleghi ad applicare questo regolamento, ma ad oggi con risultati minimi.

In gran parte dell’Italia, il corpo del povero Vincenzo Nardacchione appena dopo la morte sarebbe stato inviato all’obitorio dell’ospedale più vicino, il giorno dopo sarebbe stata chiarita ogni causa sul decesso con una autopsia ospedaliera (riscontro diagnostico) e fine dei giochi, senza spese di giustizia, senza spese abnormi per il povero indagato, senza spese e oltre tre anni di angoscia per i familiari del defunto.

Tre anni fa, dopo questo caso, scrissi una serie di tre articoli per i medici dell’ordine di Campobasso. Cosa è cambiato? Ben poco.

Gli unici medici in Molise che richiedono riscontri diagnostici con criterio sono quelli dell’Ospedale di Isernia dove per decenni fu primario il grande anatomopatologo e medico legale dott. P. Bontempo che insegnò a tutti l’importanza di questo strumento clinico preziosissimo, strumento di chiarezza per i familiari del defunto, e per tutte le persone coinvolte in una qualsiasi morte inaspettata e improvvisa, che sia per strada, in casa, in un supermercato, ovunque.

A Campobasso invece, dove mai in ospedale ci si è dedicati a questi problemi, niente, si opera senza criterio e con poco metodo.

Si interviene solo su attivazione dell’autorità giudiziaria come nel caso del povero Vincenzo Nardacchione, il cui corpo venne riesumato dopo 9 giorni in piena estate e tanti dettagli erano ormai alterati da fenomeni putrefattivi, dando adito a contestazioni, dubbi, divergenze interpretative dei diversi consulenti.

Vi prego, come medico, come cittadino che il caso Nardacchione sia monito per tutti noi, in Molise si può fare bene ma servono metodo e competenze. Io spero che da oggi i colleghi dei P.S. e del 118 firmino con meno “faciloneria” i certificati di morte, ponendo, quando necessario dei dubbi da chiarire.

* Anatomopatologo

Redazione

CBlive

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