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Una riflessione sulle Foibe e sulla Shoah, a Palazzo San Giorgio una lezione dei docenti Fraracci, Novelli e Berardo: “La memoria fa scattare la passione civile, che trionfa nella politeia”

I relatori Fraracci, Novelli e Berardo col giornalista Formato
I relatori Fraracci, Novelli e Berardo col giornalista Formato (foto Rossella De Rosa)

“La memoria ci porta a indossare l’abito morale, che diventa lo status per cui vale la pena impegnarsi, cercando di partecipare alla vita della comunità con passione e amore. La memoria fa scattare la passione civile, che deve trionfare nella ‘politeia’, intesa quale concezione complessiva della politica e del modo di fare politica, col controllo dei cittadini su chi deve o dovrebbe fare gli interessi della collettività”. È il messaggio lanciato dalla professoressa di Storia e Filosofia, Adele Fraracci, durante l’incontro pubblico dal tema “La Memoria attraverso la Shoah e le Foibe”, organizzato dall’assessorato alla Cultura del Comune di Campobasso e da Libera contro le Mafie Molise e tenutosi nella Sala consiliare di Palazzo San Giorgio, in occasione del ‘Giorgio del Ricordo’, che ogni anno il 10 febbraio, dal 2005, mira a rammentare il massacro istriano delle Foibe.

Sul significato e sul ruolo della memoria, la professoressa Adele Fraracci ha ricordato la lezione di Platone nel ‘Fedro’, il celebre dialogo tra Socrate e lo stesso Fedro, ritornando sul mito di Theuth, divinità egizia che si recò dal re Thamus, sovrano dell’Egitto, per sottoporgli le proprie invenzioni e, tra queste, la scrittura. Il re, però, rifiutò la sua idea, perché si correva il rischio che gli uomini, con la scrittura, potessero sentirsi eruditi in tutte le materia.

L'intervento dell'assessore de Capoa
L’intervento dell’assessore de Capoa

Thamus, alla scrittura, preferì il dialogo, col quale condividere le proprie emozioni, dalle quali la memoria si rinforza. La scrittura – per il re egiziano – avrebbe diminuito la capacità di memoria, in quanto utile soltanto a rinfrescare il ricordo di qualcosa che già si conosce.

Sono intervenuti, oltre alla docente del Liceo Scientifico ‘Alberto Romita’ di Campobasso, anche i professori Franco Novelli e Umberto Berardo, mentre i saluti istituzionali sono stati affidati all’assessore comunale Emma de Capoa. A moderare il dibattito, il giornalista Giuseppe Formato, direttore responsabile della testata CBlive.

“Il massacro delle Foibe – ha affermato l’assessore de Capoa – è una ferita ancora aperta e, ancora oggi, ci si chiede come mai tale eccidio sia stato ignorato per quasi cinquanta anni, sia dalla storiografia ufficiale che dalla classe politica italiana. Al di là di ogni idea e orientamento politico, è da condannare anche quello che accadde all’indomani della firma del Trattato di Pace del 1947, quando, in seguito all’annessione dell’Istria e della Dalmazia alla Jugoslavia, migliaia di italiani, dalmati e istriani si trasformarono in esuli. Non si può, pertanto, tacere sul fatto che 350mila italiani, costretti a scappare dal terrore, non trovarono in Italia una dignitosa accoglienza, ma furono ignorati sia dalla sinistra italiana che dalla classe dirigente democristiana all’allora al governo. Giornate come questa – ha concluso la de Capoa – servono anche a ricordarci che, forse, la memoria è corta, perché gli eccidi del Ventesimo secolo poco hanno insegnato alle generazioni successive, considerando che ancora oggi vediamo le stesse scene di popoli martoriati e costretti a scappare dalle proprie terre d’origine”.

La professoressa Adele Fraracci
La professoressa Adele Fraracci

Alla Giorno del Ricordo è stata associata anche la Giornata della Memoria, in una dicotomia volta ad associare due eventi di matrice differente, ma che hanno portato, seppur con numeri differenti, a morte di vittime innocenti.

A tracciare un profilo della Shoah ci ha pensato il professore e scrittore Umberto Berardo, il quale ha sottolineato il silenzio di chi avrebbe dovuto fermare la macchina della morte, che ha generato 15 milioni di morti, durante la Seconda Guerra Mondiale, ricordando come il 4 luglio 1944 il governo americano bocciò la proposta di bombardare le linee ferroviarie utilizzate per la deportazione degli ebrei e di coloro che venivano rinchiusi nei campi di concentramento.

“Il termine genocidio – ha ricordato Berardoè stato utilizzato per la prima volta nel 1946 nel corso del processo di Norimberga, ma gli Olocausti continueranno a esistere fin quando non si cancellerà la concezione antropologica di chi pensa che gli esseri umani possano recare al prossimo sopraffazione e violenza per far valere le proprie idee. Il nostro compito – ha sottolineato – è far riflettere le giovani generazioni sulle cause di natura politica, economica, culturale e religiosa di chi pensa di poter far valere la propria politica di sopraffazione delle idee”.

La lettura storica del dolore provocato dalle morti del massacro delle Foibe è toccata al professore Franco Novelli, il quale, nel corso del suo intervento, ha citato diversi autori che, nel corso dei decenni, anche in quelli del silenzio, hanno parlato di questa pagina nera del Ventesimo Secolo, sottolineando le responsabilità di chi sapeva e non ha fatto nulla e anche di alcune frange dei partigiani, citando l’esempio della morte del fratello di Pierpaolo Pasolini, Guido, arruolatosi con i partigiani delle Brigate Osoppo, recatosi in Friuli per la lotta di resistenza e traditi dai partigiani comunisti, alleatisi con quelli titini, con eccidio di Porzûs.

Novelli ha ricordato i numeri del massacro: tra 500 e 700 tra il settembre e l’ottobre 1945 e diecimila nel 1945, “anche se i dati ufficiali parlano di duemila infoibati e ottomila morti per altre cause”, ha precisato il docente di Italiano, Latino e Greco.

“I massacri – ha precisato Novellisi generano dove non si ha più la certezza delle regole, come era successo tra il Friuli e l’Istria in quel periodo e come avviene, purtroppo, oggi nelle aree dove i migranti sono costretti a scappare. E come è successo negli anni ’90 nella stessa Jugoslavia, quando gli americani, anche col supporto degli italiani, andarono a sganciare le bombe, portando alla distruzione dell’ex Jugoslavia, oggi divisa in diverse nazioni, prima regioni di un’unica nazione, con diversi centri vere e proprie culle di storia e civiltà”.

In conclusione, Novelli cita la novella ‘Libertà’ di Giovanni Verga, che narra la ribellione dei contadini siciliani contro i proprietari terrieri e gli amministratori favorevoli ai borboni, nel nome di Garibaldi e della libertà. “La rabbia repressa – ha concluso Novelli conduce sempre ad azioni violente. Per questo motivo, non bisogna mai puntare il dito contro gli altri, ma occorre sempre analizzare bene a chi attribuire le vere responsabilità di ogni reazione, che corrisponde a un’azione precedente”.

Redazione

CBlive

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