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Amministrative 2019, Di Bartolomeo scende in campo: “O me o uno meglio di me. No agli esperti del salto della quaglia”. L’ex sindaco rivendica la scelta di Toma e sui traditori dice: “Con me non si sono mai sporcati le mani”

Con un occhio al passato e lo sguardo già proiettato verso il futuro. Così l’ex sindaco di Campobasso Gino Di Bartolomeo, per tutti semplicemente Big Gino, si racconta nella lunga intervista rilasciata a CBlive.

A 75 anni d’età, di cui ben 49 trascorsi nel mondo della politica, Di Bartolomeo, che ha ricoperto i ruoli di assessore comunale e regionale, passando per la carica digovernatore del Molise a quella di presidente del Consiglio provinciale, dopo aver vestito i panni da senatore e che oggi, dopo una legislatura trascorsa sullo scranno più alto di Palazzo San Giorgio, siede tra i banchi delle minoranze, è pronto a rimettersi nuovamente in gioco. O meglio di quel gioco sa di poter dettare le regole, perché come lui stesso ricorda, “la città non mi ha mai bocciato”.

“Non farò le bizze dicendo o io o niente”, afferma l’ex senatore che si dice disposto a lasciare agli altri “la libertà di compiere scelte”, pur nella consapevolezza che, in un modo o in un altro, “avranno a che fare con me”.

Secondo l’ex primo cittadino, infatti, la “gente di Campobasso non può essere lasciata sola in un momento come questo” e, proprio lui che conosce la città meglio delle sue tasche non è disposto a farlo. “Delle famiglie di qua, conosco i nonni, le nonne, i padri, le madri e i nipoti. Quando sono per strada, succede ancora che i bambini facciano cenno alle mamme per dire: guarda c’è Big Gino”, racconta Di Bartolomeo con un pizzico di soddisfazione dal salotto della sua abitazione del quartiere Cep, nella quale sono transitati tanti volti noti della politica locale e non.

Insomma, un passo in avanti in vista delle prossime amministrative, ma probabilmente anche un passo di lato, perché Di Bartolomeo ha chiaro in testa il diktat da dettare sulla scelta del candidato sindaco del centrodestra.

La persona che dovrà succedermi si accinge a spiegare subito dopo non potrà essere uno abituato al salto della quaglia”. Anche sulle caratteristiche del candidato l’ex esponente di Palazzo Madama non ha dubbi: “dovrà essere una persona degna, dignitosa, con le mani pulite”.

Solo in quel caso, infatti, Big Gino è pronto ad aprire un dialogo con la coalizione. In caso contrario, specifica poco dopo, mi potranno pure ritrovare contro da solo”. L’ex esponente di palazzo Madama, che nella sua vita non le ha mai mandate a dire, non usa mezzi termini per ricordare a tutti come quella città che lui tanto ama in fondo non l’abbia mai “bocciato”. “È vero, mi hanno mandato in minoranza, ma i cittadini hanno sempre scelto di tenermi in vita”, dice parafrasando la tornata elettorale del 2014.

“O me o uno meglio di me”, aggiunge con quel pragmatismo che tanto lo contraddistingue. “Per carità non dico o io o niente, ma quel ‘meglio di me’ significa o un giovane o, comunque, una persona quadrata, pulita. Sono del parere che i giovani devono starci, ma ci vuole qualcuno che li accompagni per mano, perché fare l’amministratore oggi non è facile. È necessario conoscere le leggi, le delibere, le fonti di finanziamento. Dove andare a reperire i fondi”, altrimenti per Di Bartolomeo è tutto inutile. Diversamente – dice – non fai altro che metterti la fascia e prendere per il c…o gli elettori”.

L’ex numero uno di Palazzo San Giorgio, sempre da quel salotto in cui pure sono passati quei soliti che, in termini di voti, hanno fatto la differenza anche alle ultime regionali, si sbottona pure sui tanti a cui dice di aver fatto formazione: amministratori in quota al centrosinistra, fino a chi oggi siede al vertice della Regione Molise come Donato Toma. “Quei cinque anni insieme a me?” Si domanda in maniera retorica per abbozzare prontamente la risposta: “Li hanno fatti con le mani pulite, senza metterle nella farina, perché uno se avesse voluto poteva fare pure quello, lo stratagemma ci sarebbe stato anche senza soldi nelle casse del Comune”.

Ma il rammarico per quanti lo abbandonarono saltando sul carro dei vincitori è ancora presente e ha il sapore di un boccone amaro che, solo in alcuni casi, è stato digerito, pur nella consapevolezza che “chi ha tradito, tradisce sempre”.

“Chi tradisce è pronto a tradire anche la gente che li vota”.

“Avevo – ricorda – trenta consiglieri di maggioranza, nell’ultimo periodo 15 passarono alla minoranza. Sono gli stessi – sentenzia – che passeranno a breve dall’altra parte. Poi – continua – ricordo che governavo solo con sei assessori, mentre il sindaco di oggi ne ha dieci e tutti si scontrano tra loro senza concludere niente. La città sta a guardare, ma non c’è nulla di nuovo, solo chiacchiere”.

E se il vento di alcuni è sempre in poppa non c’è alcun dubbio che sia un fatto assai “strano”.

“Bisognerebbe educare le persone”, dice, riflettendo come, nella maggior parte dei casi, “la gente esprima le proprie preferenze in base allo stato di bisogno in cui versa”. Forse, è questo il motivo per il quale “chi racconta balle in giro ha più fortuna di chi dice la verità”.

Una dichiarazione dalla quale sembra di capire che il riferimento a quella “verità” l’ex sindaco lo faccia proprio al gelato che la città non poteva più permettersi o alle scuole non a norma.

“La mia legislatura è capitata in un momento drammatico sia a livello nazionale che regionale. Non potevo muovermi. Lo Stato – racconta – aveva bloccato tutti i fondi. Non potevo fare nulla. Mi giustificavo con le persone dicendo che non avevo nemmeno i soldi per un gelato. La gente ci scherzava sopra, ma era per far capire che realmente non c’era niente e, nonostante ciò, le opere che si sono realizzate sono andate a vantaggio di chi c’è ora. Anche perché, dal momento in cui mi hanno fatto fuori ad oggi, io non ho visto davvero niente di nuovo. In quell’epoca facemmo gli alloggi di via Facchinetti, decidendo di non far pagare le imprese direttamente al Comune, ma impegnandole a realizzare, con quei soldi, qualcosa per la città”.

Di Bartolomeo ripercorre poi tutte le tappe che lo hanno portato a intentare una vera e propria ‘guerra’ tra istituzioni in nome della sicurezza degli studenti del capoluogo.

Era il mese di luglio (2012 ndr) quando chiesi ai tecnici lo stato di agibilità degli istituti della città. Il dramma di San Giuliano era ancora troppo fresco e io sapevo perfettamente che nessuna scuola era sicura dal punto di vista sismico, ma chiedevo di conoscere almeno l’agibilità degli edifici. Volevo che le scuole fossero dotate quantomeno di porte antipanico o, una pavimentazione ignifuga che permettesse agli allievi di fuggire in caso di calamità. Nessuno istituto era a norma e a me non rimase che chiudere tutte le scuole”. Un vero e proprio atto di forza che all’epoca portò Campobasso alla ribalta delle cronache nazionali, ma che forse costò la disdetta politica dell’allora sindaco Di Bartolomeo, il quale fu tra l’altro denunciato da alcuni consiglieri alla Procura della Repubblica.

“Dopo la chiusura portai le mie ragioni alla Conferenza Stato-Regioni e alla Conferenza dei sindaci e nessuno mi diede solidarietà. Addirittura, – ricorda – alcuni consiglieri comunali, oggi ancora in carica con la maggioranza di Battista, mi denunciarono e mi fecero andare dal procuratore D’Angelo che mi interrogò. Io dissi che avevo fatto questa cosa per sollevare il problema, scuotere le coscienze e garantire agli studenti almeno di fuggire se fosse accaduto qualcosa. Stetti dieci giorni in Procura. Quando riuscì ad ottenere circa 800mila euro per i lavori nelle scuole, decisi di riaprire. Ma l’impegno in materia di sicurezza non finì, anzi, si concretizzò nella realizzazione della Casa dello Studente che risulta ancora adesso l’unico edificio sicuro della città”.

“Il problema l’ho posto io”, dice Di Bartolomeo che della protesta in nome della sicurezza ne rivendica con forza la paternità. “Oggi vedo Battista, con una faccia di mattoni, sui giornali nazionali, ma la questione fui io il primo a porla”.

E se pure Big Gino è sicuro che quella battaglia non l’abbia premiato in termini elettorali è convinto che, se tornasse indietro, la rifarebbe con la stessa determinazione.

“Rifarei tutto quello che ho fatto. Io amo questa città, ce l’ho nel sangue. Sono nato qui, e sono fiero di appartenere a questo quartiere popoloso e popolare”, conclude Big Gino da quella poltrona un po’ consumata di quel salotto che, se potesse parlare, avrebbe certo infinite storie da raccontare.

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Redazione

CBlive

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