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Laura Venezia, medico, scrittrice e fotografa: “Tre grandi passioni che si conciliano tra di loro”. Ultima fatica letteraria sulla medicina narrativa “in cui si mescolano esperienza medica, testi e immagini”

Laura Venezia
Laura Venezia

GIUSEPPE FORMATO

Laura Venezia è un medico e una scrittrice di Campobasso. “Due attività – ci tiene a precisare appena ci accoglie nel suo studio col camice bianco tra una visita e l’altra – che si conciliano e completano l’un con l’altra”.

Prima laurea in filosofia, la seconda in medicina, Laura Venezia si divide tra Campobasso e Roma, tra il continuo studio e aggiornamento, ma sempre col pc a portata di mano e, da qualche tempo, anche con una modernissima fotocamera.

“Non riuscirei a scrivere né a svolgere la mia professione di medico – le sue parole – se non conciliassi entrambe le attività. Non riuscirei a scrivere, forse, senza la passione per la medicina, fonte di ispirazione e di idee. È bello e stimolante poter attingere dal proprio lavoro, anche se credo che la medicina sia prima di tutto una passione”.

Quando trova il momento per scrivere? “Diciamo che procedo per lampi, anche se sostanzialmente scrivo sempre, approfittando dei momenti di pausa. La scrittura, che mi aiuta a capire tanti aspetti del mio lavoro e del rapporto con i pazienti, infatti, è soprattutto l’arco della giornata durante il quale si ritrova il contatto con se stessi, la propria intimità”.

Laura Venezia si sente più medico o scrittrice? “Non riesco a scindere le due passioni, anche se in realtà mi sento più scrittrice. Credo, comunque, che nella parola scrittore, così come in quella di medico, sia ricompresa la figura di chi si occupa dell’uomo a tutto tondo. Il medico, a mio avviso, è una sorta di artista, in quanto la medicina non è una scienza esatta. Come nella scrittura, si procede per lampi e intuizioni. Non è mai semplice fare una diagnosi, così come il rapporto con i pazienti. La professione del medico assomiglia molto a quella dello scrittore e del fotografo, poiché si procede per visioni. Al di là di tutto – sottolinea Laura Veneziaessere medico è uno stile di vita più che un lavoro. Sarebbe triste pensare alla medicina solo come un mestiere o una mera professione. La scrittura e la medicina si nutrono a vicenda, sono una linfa per l’altra”.

Laura Venezia e Ferdinando Scianna alla Galleria Nazionale di Roma
Laura Venezia e Ferdinando Scianna alla Galleria Nazionale di Roma

Ha parlato di fotografia. Un’altra grande passione. “La fotografia è molto legata alla scrittura, perché come dice l’etimo della parola è la scrittura attraverso la luce. È il massimo potersi esprimere con parole e immagini. Nella società attuale, l’immagine ha un impatto molto più forte della scrittura e nella fotografia si trova un’àncora di salvezza dalle maglie e dalle regole della scrittura. Le immagini, infatti, ci salvano dalla logica troppo stringente della scrittura e rispecchiano maggiormente l’imperfezione della vita”.

Nel 1996 l’esperienza del ‘Campiello giovani’. “Ero poco più che adolescente e già coltivavo il sogno della scrittura. Frequentavo il Liceo Classico e già leggevo tanto. Quasi per caso scrissi un romanzo breve e fui inserita nella cinquina del ‘Campiello giovani’. Da quel momento è iniziato il mio rapporto con la città di Venezia, dove ritorno ogni anno e luogo al quale ho dedicato diversi miei scritti (La nascita dei desideri liquidi, ndr). Venezia ce l’ho nel cognome e, forse, nel destino”.

Saggistica e narrativa nel suo curriculum. Ora su cosa sta lavorando? “Nell’ultimo periodo ho iniziato a dare un taglio diverso, dedicandomi alla medicina narrativa, un argomento attuale che sta trovando spazio nell’era digitale. La medicina narrativa aiuta i pazienti nel rapporto con il medico e il libro che sto preparando contiene testi e immagini. Mi auguro che questo testo potrà servire a chi sta attraversando il dolore e la malattia”.

Nello specifico come si può descrivere la medicina narrativa? “È la narrazione di un tempo che sembra fermo, quello della malattia. Ascoltando i pazienti, la maggior parte descrive il periodo delle cure come la vita vissuta in attesa della guarigione, di una buona notizia e, semplicemente, di ciò che accadrà. Sembra un tempo fermo, ma in realtà, visto a posteriori, proustianamente parlando, è un tempo ritrovato, che può insegnarci tanto. Ci sono anche pazienti – precisa Laura Veneziache ritengono il contrario, perché è meglio non conoscere l’esperienza della malattia. La medicina narrativa, a mio avviso, è importante, perché da un lato, rappresenta un aiuto per chi può leggere l’esperienza altrui, sapendo cosa ha provato chi ci è passato per prima, riuscendo a uscirne positivamente; dall’altro, facilita il lavoro di noi medici”.

Redazione

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