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Quel Pd che ha poco da festeggiare. Dopo il padre di Renzi, la Procura di Isernia starebbe indagando su Donato Bruno, il favorito dai piddini per la Consulta

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MARIA CRISTINA GIOVANNITTI

Per la serie ‘Chi è senza peccato scagli la prima pietra’, cambiano gli addendi ma il risultato resta lo stesso.  La festa ‘amara’ dell’Unità inaugura con ben due scandali. Il primo è quello che coinvolge il padre del premier, Tiziano Renzi indagato dalla Procura di Genova per bancarotta fraudolenta.

Il secondo scandalo è legato direttamente al Molise poiché la Procura di Isernia ha cominciato ad indagare su Donato Bruno, papabile candidato per le elezioni della Corte Costituzionale. Per lui un avviso di garanzia che mette in crisi, dopo ben già 13 fumate nere, una possibile vittoria. Infatti il senatore Bruno è candidato di Forza Italia ma fortemente sostenuto anche dal Partito Democratico. Donato Bruno piace a tutti, sia da un lato che da un altro al punto che, con non poco imbarazzo, Deborah Serracchiani, del Pd, ad Agorà, sui RaiTre, ha risposto così ad una domanda di Marco Lillo de Il Fatto Quotidiano circa la vicenda giudiziaria che ha coinvolto Donato Bruno di Forza Italia: “L’avviso di garanzia serve all’indagato per poter far chiarezza”.

Perché la Procura di Isernia indagherebbe su Donato Bruno? Tutto si lega al fallimento del colosso industriale isernino dell’Ittierre nel 2009. All’epoca dei fatti Bruno, in qualità di legale, avrebbe ricevuto per una consulenza la bellezza di 2,5 milioni da uno dei commissari liquidatori dell’Ittierre, cioè Stanislao Chimenti nominato direttamente dall’ex Ministro Claudio Scajola. La cosa paradossale è che Chimenti condivideva con Donato Bruno uno studio professionale. Per questo motivo la Procura d’Isernia indagherebbe per ‘interesse privato del curatore negli atti del fallimento’ seppur lo stesso Bruno ha dichiarato di non aver ricevuto nessun avviso di garanzia.

Insomma il lindo Partito Democratico come giustifica tutto questo? Se prima era tra le fila degli additatori di indagati, adesso per i piddini: “Un avviso di garanzia non è una condanna”. Con questo atteggiamento viene dato ufficialmente l’ok all’era renziana, rottamatori di idee e scandali, dando un sapore amaro alla Festa dell’Unità.

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