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Molise terra di pregiudizi, ecco perché omosessuali e transessuali vanno via. “Noi abbiamo scelto di restare e combattere per i diritti”: Luce e Denise “guerriere di civiltà”

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Luce e Denise, protagoniste dell’incontro a Palazzo San Giorgio

FABIANA ABBAZIA

“Lo scorso sabato a Isernia sono stata aggredita verbalmente. Non ho riportato danni fisici, ma a volte la paura e l’umiliazione subite sono peggio di un pugno in faccia”. A parlare è Luce Visco presidente dell’Arcigay Molise, durante l’incontro “L’amore Merita” promosso ieri pomeriggio, mercoledì 8 marzo, dall’assessorato alla Cultura e alle Pari Opportunità di Palazzo San Giorgio.

Luce, nata all’anagrafe come Pierluca, nel giorno dedicato alle donne, ha raccontato cosa significhi in Italia e in Molise essere transessuale. Nata vent’anni fa a Colli a Volturno con attributi fisici maschili, quando ha deciso di diventare ciò che sentiva di essere e assecondare la sua identità di genere femminile, ha affrontato tutto da sola. Nessun familiare mi è stato vicino, con il tempo sono riuscita ad avvicinarmi al cuore di qualcuno di loro, ma sono ancora lontana dal poter affermare che abbiano compreso il mio percorso”.

La scelta di Luce, così come quella di Denise Lorella Narducci, è quella delle più difficili. Loro non hanno scelto di nascondersi o cambiare città, semplicemente hanno deciso di essere vere nel posto in cui sono nate e cresciute, preferendo combattere per i diritti in piccole realtà di provincia dove i pregiudizi, la paura del diverso e a volte la violenza, anche solo verbale, può uccidere.

“La mancanza di libertà può essere peggio di un cancro”, dice Luce ammettendo come spesso possa essere complicato anche uscire di casa per andare a fare la spesa. Luce però non si arrende e ogni volta che è possibile scende in piazza per portare avanti vere e proprie battaglie di civiltà.

Per Denise, che vive a Miranda e della propria esperienza personale ne ha fatto un libro dal titolo ‘L’essenziale’, le cose sono state un po’ più facili, ma non è sempre stato così. “Oggi vivo la mia vita di coppia tranquillamente, ma la mia prima relazione con una compagna l’ho avuta in Spagna. Lì le differenze quasi non ci sono negli occhi delle persone e, vivere liberamente la propria sessualità è molto più semplice rispetto all’Italia e al Molise”.

Tuttavia, di rientro dal paese iberico nemmeno per lei è stato indolore fare outing con i propri familiari. “Mia madre, però, – racconta  con emozione – è stata meravigliosa. Credo che lei lo abbia sempre saputo, anche se non era del tutto preparata da affrontare la cosa”.

Quando parla della madre Denise sorride e lei, che le è seduta di fronte, alza la mano mentre si guarda intorno, quasi a dire ai presenti “sì, sono io”. Un gesto semplice che in passato a quella donna sarà costato fatica, ma che ora ha il sapore di chi sostiene con determinazione la battaglia portata avanti dalla figlia. “Penso – dice ancora Denise – che l’amore immenso che si prova nei confronti di un figlio può aiutare a superare ogni cosa”.

“È anche grazie a mia madre e alla mia famiglia che mi è stata vicina se ho deciso di tornare a vivere in Molise. La scelta più comoda – prosegue – sarebbe stata restare in Spagna, oppure andare a vivere in città più grandi. Scegliere di pagare il prezzo più alto, con la decisione più complicata significa anche poter essere semplicemente se stessi. Senza bugie, senza mezzi termini. Significa vivere facendo in modo che prima o poi le cose possano cambiare anche qui”.

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L’assessore De Capoa e il professor Monceri

Il fatto che molti molisani abbiano necessità di “scappare”dalla propria terra per diventare semplicemente quello che sono, lo riscontra anche Flavia Monceri, professore associato di Filosofia Politica, dipartimento di Scienze Umanistiche-Sociali e della Formazione all’Unimol.

“Vengo – dice Monceri – dalla Toscana, una regione che possiamo definire gay-friendly. Da noi le cose sono differenti rispetto al Molise. Anche io ho conosciuto molti transessuali molisani, ma a Bologna. Sono tante le persone che hanno scelto di vivere fuori regione, ecco perché è così importante che se ne parli e che lo si faccia soprattutto nelle istituzioni intellettuali. Scuole e università devono essere sensibili a tali tematiche. Lo Stato – specifica – non è stato creato per favorire la violenza, ma è pur vero che esso è lo specchio di ciò che siamo noi, ecco perché dobbiamo denunciare e aprirci al cambiamento. Pensiamo all’obiezione di coscienza, è un diritto al pari della legge sull’aborto, per la quale  dovremmo pretendere che per un medico obiettore ce ne sia un altro non obiettore. Se esistono le leggi esse vanno applicate e garantite”.

E come su alcuni temi occorra fare di più lo ammette anche il sindaco Battista che, affianco ai rappresentanti dell’Arcigay Molise, promette di lavorare maggiormente per far crescere le coscienze di tutti”. “Nella nostra regione – dice – lo stigma c’è e non va di certo via in un attimo, per questo motivo è importante essere presenti anche nei luoghi istituzionali”.

Redazione

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