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Molise: causa la desertificazione, i paleontologi troveranno solo denti di anziani

cervelli in fugaMASSIMO DALLA TORRE

Con interesse abbiamo letto e appreso la notizia della straordinaria scoperta fatta dai paleontologi dell’Università di Ferrara diretti dal prof. Carlo Peretto, che ha riportato alla luce un incisivo da latte di circa 7 millimetri appartenente a bambino vissuto seicentomila anni fa nell’insediamento preistorico della Pineta di Isernia.

Reperto di straordinaria importanza in quanto, si tratta di un raro resto umano di quell’era, specialmente  nella nostra Nazione, terra da sempre oggetto di scavi, tant’è che scuole di archopaleontologia annualmente sono presenti nelle regioni Italiane, culla della cultura. Scoperta che ha visto l’intervento tra l’altro del numero uno della regione che ha plaudito al ritrovamento fatto dagli studiosi Ferraresi. Esternazione più che condivisibile perché il Molise è avaro in materia preistorica, anche se non privo di tracce del passato. Tuttavia, con tutto il rispetto e la considerazione sia per il ruolo sia per i contenuti delle esternazioni, corre l’obbligo fare alcune considerazioni. Le quali, nascono dalla constatazione che la desertificazione  materiale, parola che usiamo spesso nei nostri interventi, in Molise è quanto mai pressante.

Desertificazione che porta inequivocabilmente ad assistere all’esodo dei giovani, come quello degli animali preistorici, che appena possono vanno via  per la non possibilità di trovare lo sbocco lavorativo.

Desertificazione favorita essenzialmente dalla mancanza assoluta di opportunità nei riguardi di chi una volta terminato il ciclo di studi si guarda attorno e sconcertato per la “presenza del nulla”, si vede costretto a lasciare il proprio paese, la casa, gli affetti e quant’altro appartiene a questo “Jurrasik world”, tanto per rimanere nel tema ispiratore di questo articolo. Desertificazione parola costante finanche nelle iniziative e nei dibattiti proposti dalle varie compagini politiche che, purtroppo, servono a poco o nulla, se non ad aggravare lo stato di assoluta stasi che domina nel territorio, dove pochi anzi pochissimi sono gli “Homo Protectus”. Desertificazione che non si coniuga, con chi chiede certezze e non promesse che si sa non saranno mantenute. Desertificazione che ci precipita ancora di più in un baratro da cui è difficile venire fuori, per carenza sia di mezzi sia di volontà, cosa che provoca inequivocabilmente distonie al sistema Molise. Il quale, nonostante ci si affanni a farlo apparire un “laboratorio dove poter sperimentare nuove frontiere”; chissà poi quali saranno queste frontiere lo si deve ancora capire, è paragonabile alla terra di Scizia, dove le aquile in questo caso gli avvoltoi, ve ne sono molti che volteggiano, rodono il fegato che ricresce senza possibilità che il supplizio termini, leggasi il Prometeo incatenato, a chi attende segnali di ripresa. I quali, se non si corre ai ripari fra pochi anni, senza aspettare i paleontologi del futuro, nei vari campi scavo rinveniranno solo e unicamente non “denti da latte” ma “protesi” appartenenti a chi è rimasto a testimoniare il passato.

Generazione che resterà tale se le cose non cambiano; anche se cambiamento senza futuro equivale a non crescere e svilupparsi cose che i giovani chiedono per non abbandonare il Molise dove un tempo, visse, ma soprattutto morì in tenerissima età chi oggi è oggetto di studio.

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